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Competizioni poetiche
Elementi cronologici
Il primo agone poetico di cui le nostre fonti serbino traccia viene menzionato da Esiodo (Opere 650-660): è il certame che avrebbe accompagnato le cerimonie funebri di Amfidamante, signore di Calcide in Eubea, morto durante la cosiddetta guerra lelantina, che gli storici – quando non attribuiscono alla tradizione il semplice valore di leggenda – datano agli ultimi decenni dell’VIII secolo a.C.; Esiodo stesso avrebbe vinto la gara, dedicando quindi un tripode alle Muse dell’Elicona. Il medesimo poeta, del resto, ben sottolinea la rivalità che oppone l’uno all’altro gli aedi (Opere, 25s.).
In Omero, né Demodoco né Femio conoscono competizioni poetiche: in quanto aedi stanziali, essi cantano presso una corte che li ospita e li sostenta; anche se è vero che alla performance di Demodoco si accompagnano competizioni atletiche, secondo un’associazione che sembra assai fortunata e duratura. La rappresentazione di una danza sullo scudo di Achille (Iliade XVIII 590ss.) potrebbe anche appartenere a un agone musicale (una gara fra danzatori è del resto testimoniata dall’iscrizione del cosiddetto vaso del Dipylon [ca. 725 a.C.]); e Tamiri – l’aedo accecato dalle Muse per aver voluto competere con loro (Iliade II 594ss.) – mostra tutte le caratteristiche di un poeta agonale (un’analoga caratterizzazione potrebbe spettare al mitico Marsia, che sfidò addirittura Apollo).
Ma già Solone – secondo Diogene Laerzio – oppure Ipparco – secondo l’omonimo dialogo attribuito a Platone – avrebbero regolamentato la partecipazione degli aedi agli agoni rapsodici che accompagnavano le feste Panatenaiche di Atene: una realtà dunque anteriore alla prima o alla seconda metà del secolo VI a.C. A una data ancor più antica rimandano gli agoni poetici che si tenevano a Sparta in occasione delle feste Carnée (la tradizione le assegna al 676 a.C.) e delle Gimnopédie (datate al 668 a.C.): in esse si distinsero poeti come Terpandro o Alcmane.
Nel primo trentennio del secolo VI a.C. vennero riorganizzati tutti gli agoni sportivi ai quali – almeno in età successiva – si accompagnavano gare poetiche (le Pitiche nel 586 o 582 a.C., le Istmie nel 580 a.C., le Nemee nel 573 a.C.: facevano eccezione le Olimpiadi, che si limitavano a competizioni atletiche).
Un’ampia descrizione della festa di Delo e dell’annesso agone poetico fornisce il terzo degli Inni omerici, dedicato ad Apollo (vv. 147ss.): secondo l’ipotesi più convincente, esso sarebbe da situare nell’ultimo trentennio del VI secolo a.C., ma è evidente che vi si ritrae una realtà cultuale anteriore e probabilmente assai antica. Uno sfondo agonale è del resto presupposto anche da altri Inni omerici, dove non è raro che la composizione si concluda con un’esplicita richiesta di vittoria da parte dell’aedo. Pur nell’incertezza e nella lacunosità delle fonti, sembra legittimo ritenere – per essere il più possibile prudenti – che fra VII e VI secolo a.C. le competizioni poetiche costituiscono una realtà ormai diffusa e rilevante della pratica letteraria e musicale antica.
Forme delle competizioni poetiche
Accanto alle competizioni atletiche, i concorsi poetici e musicali costituiscono un’espressione duratura e assai importante dell’agonismo greco. Significativa, del resto, è la frequente associazione delle due modalità competitive in alcune delle più importanti feste panelleniche (dalle Pitiche alle Istmie, dalle Nemee alle Panatenaiche).
Fra gli agoni poetici – che sono sempre da mettere in relazione con pratiche cultuali determinate, e che come tali rientrano nella categoria del rito – è possibile distinguere molteplici forme, rispondenti ad altrettanti macrogeneri della poesia greca arcaica: gli agoni rapsodici, gli agoni citarodici, gli agoni auletici e aulodici, gli agoni corali e gli agoni drammatici, gli agoni simposiali.
Le competizioni rapsodiche
Abbiamo innanzitutto gli agoni rapsodici, dedicati cioè all’epica (non necessariamente all’epica di Omero). Nel corso del secolo VI a.C. sarebbe stato riformato il regolamento degli agoni rapsodici rientranti nel repertorio delle Panatenaiche ateniesi (la cui fondazione si faceva risalire a Erittonio o a Teseo, ma la cui ristrutturazione parrebbe di età pisistratica [VI a.C.]): segno che essi vi trovavano posto da un’epoca anteriore. Ma certamente agoni rapsodici si svolsero in larga parte della grecità: per esempio a Sicione (Peloponneso settentrionale), dove il tiranno Clistene (verso la fine del VII secolo a.C. o all’inizio del successivo) intervenne direttamente sul contenuto dei canti; oppure a Dodòna (in Epiro, dove si trovava un celebre oracolo di Zeus) o a Epidauro, come risulta da testimonianze epigrafiche, o ancora a Brauron in Attica. Di agoni rapsodici serba memoria, come si è visto, Esiodo; ed è sintomatico che la tradizione successiva immagini un certame poetico fra lo stesso Esiodo e Omero, così come fra due rapsodi del Ciclo epico, Arctino di Mileto e Lesche di Mitilene. Anche gli Inni omerici, talvolta per esplicita testimonianza interna (per esempio, Inno ad Afrodite, 19s.), suggeriscono una funzione proemiale rispetto a esecuzioni rapsodiche inquadrabili in un contesto agonale. Che la poesia di Omero fosse stabilmente ospitata dagli agoni antichi (accanto a quella di Archiloco), attesta esplicitamente, fra VI e V secolo a.C., il filosofo Eraclito. È probabile che nel quadro di competizioni poetiche vada inserita altresì l’attività della consorteria aedica nota con il nome di ‘Omeridi’, attiva nell’isola di Chio almeno a partire dal VI a.C. Su forme e modi dell’agone rapsodico in età successiva informa abbondantemente il rapsodo Ione, protagonista dell’omonimo dialogo di Platone.
Le competizioni citarodiche
Al genere della citarodia (canto a solo accompagnato dalla kithára, «cetra») appartengono verosimilmente gli aedi rappresentati da Omero, Femio e Demodoco. In età storica, un prosecutore del genere fu forse Stesicoro di Imera – la cui fortuna in sede agonale, secondo alcuni studiosi, fu tale da far ombra a quella di Omero, con il quale il poeta condivideva del resto molti temi – e probabilmente ancor prima di lui, nel corso del VII secolo a.C., Terpandro di Antissa, che partecipò vittorioso a molti degli agoni che si tenevano nella Sparta arcaica (egli sarebbe stato il primo vincitore negli agoni delle feste Carnee, istituite nel 676 a.C.) e a Delfi (dove egli avrebbe vinto per quattro volte di séguito).
Le competizioni aulodiche
Il ruolo riconosciuto a Terpandro nell’àmbito della citarodia, trovava il suo omologo in Clona di Tegea (VII a.C.) per quanto riguarda il nómos aulodico, ossia un ‘a solo’ canoro accompagnato dal suono dello strumento a fiato noto con il nome di aulo. L’aulodia, accanto all’auletica (pratica musicale in cui l’aulo stesso, senza il canto, rappresentava lo strumento solista), divenne parte integrante della competizione poetica che accompagnava le competizione atletiche di Delfi (le Pitiche), a partire dall’anno 586 a.C. Un noto campione della specialità agonistica auletica fu invece, sempre a Delfi, Sàcada di Argo (prima metà del VI secolo a.C.), che avrebbe riportato la vittoria alle Pitiche negli anni 582, 578 e 574 a.C.
Le competizioni corali
Istituto presente sin dalla grecità più arcaica, il coro – nelle sue varie forme – partecipa ad alcune delle più importanti occasioni rituali della vita civica. Un poeta corale che certo prese parte, sin dal VII secolo a.C., ai concorsi poetici di Sparta, fu Alcmane: che un agone fra due cori sia addirittura presupposto dal suo testo più famoso (il cosiddetto Grande Partenio) è un’ipotesi più volte formulata, anche se non del tutto convincente. Non facile a determinarsi è l’incidenza della produzione corale nel complesso dell’opera di Saffo, così come la sua eventuale partecipazioni a gare e concorsi della sua patria, Lesbo. Poeti corali di rilevanza panellenica e di grande fortuna furono, in età tardo-arcaica, Pindaro e Bacchilide. Secondo alcune notizie antiche, Laso di Ermione (fine del VI a.C.) fu il primo a introdurre il ditirambo – una delle più importanti composizioni corali, in origine dedicata a Dioniso – nelle competizioni agonali di Atene. La fortuna agonale del ditirambo è ben attestata (vi si cimentarono fra gli altri Pindaro, Bacchilide, Simonide – quest’ultimo avrebbe riportato ben 56 vittorie – e quindi, tra V e IV secolo a.C., Timoteo) e costituisce probabilmente uno degli antefatti del più celebre e fortunato genere di agone poetico in cui fosse prevista la partecipazione di un coro: quello che in numerose festività attiche – le Grandi Dionisie, le Dionisie rurali, le Lenee – vide la rappresentazione dei concorsi drammatici (quelli tragici sarebbero stati introdotti nelle Dionisie del 535 a.C., quelli comici nelle Dionisie del 488/87 a.C.; le Lenee contemplarono agoni comici a partire dal 440 a.C., agoni tragici a partire dal 432 a.C.).
Gli agoni simposiali
La poesia recitata a simposio fu certamente monodica (sia che fosse espressa in metri elegiaci, com’è per Teognide, sia che si affidasse a metri più complessi, come nel caso dei Carmina convivalia), ma non perciò fu meno ‘dialogica’ e agonale: com’è stato da tempo riconosciuto, i canti da simposio si organizzano spesso in coppie o in triadi a ‘botta’ e ‘risposta’, che assumono la forma di un autentico agone simposiale. Talvolta – com’è il caso dei vv. 993-1002 nella Silloge attribuita a Teognide – la sfida viene addirittura esplicitata e formalizzata, con tanto di accordo relativo al premio. Gli agoni simposiali, che oppongono due solisti in un serrato scambio di battute poetiche, costituiscono un ottimo parallelo ai canti amebèi che saranno in séguito messi in scena – senz’altro attingendo a una tradizione assai antica – dalla poesia pastorale sia greca (per esempio Teocrito) che latina (per esempio Virgilio).
[Federico Condello]
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