Achille
(gr. Achilléus, lat. Achilles)

Achille nell’Iliade
Eroe e semidio, settimo figlio del mortale Pèleo e della nereide Tètide, protagonista indiscusso dell’Iliade omerica. All’impresa greca contro la Troia di Priamo Achille partecipa come re dei Mirmídoni (popolazione che aveva il suo centro principale nella città di Ftia, in Tessaglia), alla guida di 50 navi. Sulla sua decisione di unirsi all’esercito acheo pesa la profezia che gli annuncia morte prematura ma fama eterna, destino che Achille preferisce a una vita lunga ma priva di rinomanza. È da tutti riconosciuto come «il piú forte degli Achei», ciò che ne fa almeno virtualmente un personaggio pari ad Agamennone per prestigio e autorità, se non per rango.
Proprio dalla rivalità con Agamennone prende avvio la vicenda dell’Iliade: Achille, offeso dal sovrano argivo, che gli sottrae con un atto di prevaricazione la schiava prediletta (Briseide), si ritira adirato dai combattimenti; la sua protratta assenza causa all’esercito greco continui rovesci militari, al punto che i Troiani – guidati da Ettore – giungono a minacciare lo stesso accampamento acheo. Achille rimane comunque irremovibile di fronte a ogni offerta di riparazione da parte di Agamennone. Quando però Ettore uccide in battaglia Patroclo, compagno e intimo amico di Achille, l’eroe si convince a rientrare in battaglia. La sfida con Ettore lo vede vincitore, ma al contempo mette in luce i caratteri di ferocia e di barbara crudeltà che caratterizzano il suo personaggio; tali tratti saranno riscattati soltanto dalla finale riconciliazione con Priamo, padre di Ettore, al quale l’eroe commosso accetta di restituire il cadavere del figlio, a lungo e irritualmente straziato con rancorose angherie.

Achille prima dell’Iliade
Tanto l’infanzia e l’adolescenza quanto le successive imprese e, infine, la morte di Achille, sono note solo da fonti extra-omeriche, talvolta post-classiche o tarde, che attingono tuttavia a una tradizione quasi certamente molto antica. Cosí è per l’episodio cui si deve la proverbiale espressione ‘tallone di Achille’: Tetide, nel tentativo di rendere immortale il figlio, l’avrebbe immerso ancora neonato nelle acque dello Stige, trattenendolo appunto per il tallone, sottratto perciò all’azione magica che la corrente del fiume infernale esercitò sul corpo dell’eroe (secondo una diversa tradizione dell’episodio, Tetide immerse Achille nel fuoco di un braciere, ma fu bloccata da Peleo, spaventato dinanzi all’atto della sposa, e non riuscí a compiere la propria opera). Cosí è anche per il periodo trascorso da Achille bambino presso il centauro Chirone, che gli avrebbe impartito le conoscenze indispensabili alla sua formazione fisica e morale, nutrendolo con interiora di leone e midolla di orso (Apollodoro, Biblioteca III 13, 6). Cosí è ancora per il periodo di soggiorno in incognito presso l’isola di Sciro, governata dal re Licomede: lí Tetide nascose il figlio, in vesti femminili e sotto il nome di ‘Pirra’, per sottrarlo al reclutamento avviato da Agamennone in vista della spedizione contro Troia; ma a smascherare sesso e indole di Achille bastò un astuto artificio ideato da Odisseo, che le fonti narrano in due versioni dissimili: secondo l’una, Odisseo, travestito da mercante, riconobbe Achille perché questi fu il solo, fra le figlie di Licomede, a osservare le armi anziché i gioielli; secondo l’altra versione, Odisseo fece simulare un allarme, riconoscendo Achille perché questi, nel fuggifuggi generale, si avventò sulle armi per reagire al presunto attacco. Daterebbe a questo periodo di incognito, secondo alcune fonti, l’amore fra Achille e una figlia di Licomede, Deidamia, da cui sarebbe nato Neottòlemo.

Achille dopo l’Iliade
Gli eventi successivi a quelli narrati dall’Iliade erano argomento di altri poemi epici, inclusi nel cosiddetto Ciclo: l’Etiopide (databile, con molta incertezza, al VII a.C., e attribuita al rapsodo Arctino di Mileto) doveva avere il suo nucleo narrativo nella sfida fra Achille e l’amazzone Pentesilèa, accorsa in aiuto di Priamo dopo la morte di Ettore; la guerriera veniva uccisa in duello da Achille, non senza però che l’eroe provasse per la nemica rispetto e ammirazione prossimi all’amore; il cadavere di Pentesilea veniva restituito a Priamo da Achille, che proprio perciò si trovava accusato pubblicamente da Tersite di intelligenza con i Troiani; a tale accusa l’eroe reagiva uccidendo lo stesso Tersite e trovandosi perciò in aspro contrasto con Diomede, cugino di Tersite, riconosciuto (accanto ad Aiace Telamonio) come il guerriero piú forte dell’esercito acheo dopo Achille stesso. Tale vicenda può essere considerata l’archetipo delle situazioni-tipo del romanzo cavalleresco, che vedono opposti, su fronti nemici, un uomo e una donna legati tuttavia da un segreto sentimento amoroso (si pensi all’Ariosto o al Tasso; al mito attinse Kleist per la sua Pentesilea, 1808).
Di tradizione postomerica è anche la storia dell’innamoramento di Achille per Políssena, figlia di Priamo ed Ecuba; proprio l’amore per la ragazza cagionò la morte dell’eroe, che recandosi senz’armi al tempio di Apollo Timbreo, dove avrebbe dovuto incontrare Polissena, fu ucciso a tradimento da Paride, che con una freccia centrò il guerriero nell’unico punto vulnerabile del suo corpo, il tallone (autore dell’omicidio fu invece Apollo, secondo la tradizione raccolta da Pindaro, Peana 6).

Achille nell’Odissea
L’Odissea (XXIV 71-77) racconta che le ceneri di Achille vennero raccolte, insieme a quelle di Patroclo, in un’urna d’oro costruita da Efesto. Lo stesso poema narra una vicenda post mortem dell’eroe (XI 489-491; 538-540), ritratto nel piú sorprendente e anticonformistico degli atteggiamenti: durante la discesa agli inferi (catàbasi) di Odisseo, l’anima di Achille si rammarica del proprio destino e dichiara senza esitazioni che un servo vivo ha sorte migliore di un eroe morto. Ciò contraddice vistosamente l’immagine iliadica dell’eroe che pone la gloria al di sopra di ogni valore, ma si accorda ai diversi criteri etici e comportamentali – per molti aspetti piú ‘moderni’ o disincantati – che gli studiosi contemporanei hanno riconosciuto come tipici dell’Odissea rispetto all’Iliade.

[Federico Condello]