Eraclito
(gr. Herákleitos, lat. Heraclitus)

Notizie biografiche
Eraclito nacque ad Èfeso, da una stirpe di antichissima nobiltà, che poteva vantare addirittura tradizioni regali, approssimativamente intorno al 530-520 a.C. È probabile che la sua famiglia fosse direttamente implicata con la parte politica filo-persiana, poiché sappiamo che, quando fu esiliato Ermodòro, aristocratico inviso al demos di Efeso e molto vicino agli interessi del re persiano Dario, Eraclito scrisse parole di fuoco contro i concittadini e rinunciò ad ogni impegno diretto nella gestione della polis, ivi comprese le funzioni sacerdotali che gli spettavano per eredità di famiglia. Il suo carattere ombroso, superbo, misantropico, è descritto con pittoresca efficacia dalle fonti antiche, e la vita di Eraclito risulta fra le più volentieri romanzate da parte dei biografi (a cominciare dalla sua morte per idropisia – malattia determinata da ritenzione di liquidi – che rappresenta un paradossale rovesciamento dell’elogio della secchezza conclamato dalla teoria naturalistica eraclitea). Il soprannome di ‘oscuro’ o ‘tenebroso’ (skoteinós) corrisponde da una parte al carattere enigmatico dei suoi scritti, e dall’altra al topico ritratto caratterologico che ne fa il modello del saggio solitario e sdegnoso, che tiene in dispetto la generalità degli uomini. Non si sa se Eraclito abbia mai dato origine a una vera e propria ‘scuola’, poiché gli ‘eraclitei’ saltuariamente nominati da Platone rispondono probabilmente a una definizione generica, forse coinvolgente addirittura chiunque – come Eraclito – credesse alla molteplicità e alla varietà del reale. Incerta è la data della sua morte, che si situa ipoteticamente e approssimativamente intorno al 470-460 a.C.

Opere e linee di pensiero
Con il titolo di Perì phúseos, attribuito dalla tradizione antica a numerosi trattati scientifico-filosofici di età preplatonica, era notissima (e largamente letta almeno per tutta l’età classica) l’opera eraclitea che, secondo un aneddoto non privo di verosimiglianza, il filosofo avrebbe deposto presso il tempio di Artemide ad Efeso (la trovata è stata intesa talora come gesto di superbia e di orgoglioso sdegno, talaltra come forma pregiuridica di tutela sulla propria opera intellettuale). Noto con il soprannome di ‘oscuro’ (canonizzato da un presunto giudizio di Socrate, a cui parere per leggerne un’opera così ‘profonda’ occorreva «un palombaro»), Eraclito è stato consegnato all’immaginario dei moderni come il pensatore del divenire e della molteplicità (in opposizione a Parmenide, pensatore dell’essere e della sua uniformità), ma anche come autore di fulminanti e pregnanti aforismi dal carattere marcatamente enigmatico; non va escluso però che quest’ultima cifra stilistica si debba, in misura non trascurabile, allo stato frammentario in cui è pervenuta a noi la sua opera, di cui sopravvivono ca. 150 frammenti di tradizione indiretta. A lungo discusso in sede storiografica è stato il suo rapporto con Parmenide: gli studiosi si sono chiesti se sia il pensiero parmenideo a porsi come confutazione e superamento del pensiero eracliteo, o se la direzione sia l’inversa, ed Eraclito – ma è opinione decisamente minoritaria – abbia costruito il proprio edificio teorico proprio contro Parmenide; altri ancora – ed è opinione da non scartare – ritengono che i due pensatori abbiano operato in sostanziale autonomia, senza qualsivoglia rapporto di dipendenza reciproca.

I capisaldi del pensiero eracliteo sono ben noti: dichiarando sin dal proemio del suo trattato l’assoluta e inconsulta ignoranza degli esseri umani, che vivono immersi in un lógos di cui ignorano leggi ed esistenza, Eraclito proclama l’onnipotenza di un principio che è armonia dei contrari, tensione cosmica tra forze contrastanti, moto perpetuo di rovesciamento nell’opposto; il lógos appunto, talora identificato con una sostanza di natura ignea, più spesso invece predicato come una sorta di pura dialettica inerente alla realtà naturale e non identificabile con nessuno dei suoi elementi. Il ritmo dei contrari e del loro incessabile avvicendarsi è la legge che regola il mondo di Eraclito, che stando ai suoi frammenti fu interessato tanto alla fisica e alla cosmologia, quanto alla psicologia e all’analisi linguistica. La sua dottrina dei contrari e del perpetuo divenire – che Aristotele e i suoi allievi tentarono di sistematizzare in una compiuta teoria del mondo e dei cicli cosmici – è in certo senso un archetipo della filosofia occidentale: unita alla stile oracolare di Eraclito, essa ha fatto di lui un punto di confronto obbligato (sia pure nella lacunosità del suo testo) per molte delle principali esperienze filosofiche otto- e novecentesche, da Hegel a Heidegger.

[Federico Condello]