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Dalla
belle èpoque al miracolo economico (1900 - 1960)
Il Novecento si apre con il periodo di
massimo splendore economico e culturale della borghesia, che termina con
la prima guerra mondiale. Il fascismo trascinerà il Paese in un
secondo conflitto ancora più disastroso. Il 1960 può essere
preso come punto d’arrivo della difficile opera di ricostruzione
postbellica e l’inizio di una straordinaria crescita economica che
avvia la trasformazione dell’Italia in un Paese industriale, con
radicali cambiamenti nella società che si riflettono anche sulla
lingua. In questo capitolo analizzeremo ciò che accadde nella prima
metà del secolo, cominciando come al solito dalla «questione
della lingua».
Già nell’Ottocento,
grazie all’Ascoli, era venuta meno la pretesa di imporre norme linguistiche
e gli scrittori, soprattutto i veristi, si erano presi molte libertà,
trovando spesso nel dialetto un mezzo per infondere nuova linfa nella
lingua letteraria. Agli inizi del Novecento (1902) Benedetto Croce dichiara
che il rispetto delle regole grammaticali è del tutto secondario
rispetto al ‘genio’ artistico e che la lingua letteraria è
espressione dell’ispirazione dell’artista. Con queste affermazioni,
Croce non favorì certo l’affermarsi nel nostro Paese dello
studio della linguistica italiana, che fu coltivato invece da alcuni stranieri,
a cominciare dal Meyer-Lubke, a cui si deve la prima grammatica storica
dell’italiano (1890).
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