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L’apporto lessicale più consistente proviene dal francese, a causa dell’egemonia culturale che la Francia ha cominciato a esercitare dalla metà del Seicento e che, nell’età dell’Illuminismo, si consolida sempre di più. Non si contano le opere letterarie, filosofiche, scientifiche che varcano il confine e vengono lette in lingua originale o in traduzione. I francesismi si diffondono così nei campi più vari. Ci sono quelli che esprimono direttamente la nuova cultura, come filosofo, ovvero colui che sottopone la realtà a un’analisi spregiudicata; lumi (della ragione) che devono liberare dai pregiudizi; fanatismo, uno dei bersagli preferiti degli illuministi; filantropo, che designa l’individuo che ha un atteggiamento umanitario rigorosamente laico. Lo sviluppo delle nuove teorie economiche favorisce l’ingresso di parole come materie prime, mano d’opera, fermentazione, raffinazione, analisi, dettaglio; l’industria ci porta cerniera e zinco; la vita militare ingaggio, mitraglia, picchetto (gruppo di soldati destinati a determinati servizi), montura (uniforme). Si impongono anche molte voci relative all’abbigliamento, settore in cui la Francia ha avuto sempre un ruolo dominante: ghette, cravatta, fisciù sono di questo periodo, così come i nomi delle stoffe: flanella, taffetà, satin. Le signore italiane fanno di tutto per farsi confezionare le nuove toelette (anche questa parola, entrata ora nell’uso, è un francesismo) in stile francese, delle quali potevano essere informate attraverso i figurini esibiti da riviste specializzate come «La donna galante ed erudita» (1786-88). E poi c’è la cucina. Molti termini culinari sono di origine francese; tra questi possiamo citare ragù (sugo di carne), sciampagna (il famoso vino spumante), bigné (un tipo di pasta dolce), croccante. Alcune voci francesi vengono introdotte nell’italiano direttamente, senza adattamenti fonetici. È il caso ad esempio di quelle che designano oggetti di arredamento come cabaré (vassoio, tavola per servire il caffè e il tè) e trumeau (un mobile fornito di cassetti e ribalta). Il cosiddetto esprit de société, la capacità di conversare e di stare in società, così tipica della Francia e la cui mancanza in Italia era vista da Leopardi come segno di arretratezza culturale, ci regala parole come abbordare (nel senso di accostarsi a una persona) e finezza (atto di cortesia), una parola molto usata dal Goldoni. Numerose sono poi le locuzioni, appartenenti ai campi più disparati, che hanno attecchito così bene da farci dimenticare che si tratta di francesismi: belle arti, colpo d’occhio (veduta d’insieme), far la corte, saltare agli occhi (detto di cosa molto evidente) sono espressioni che forse non piacevano ai puristi, ma che erano iniezioni di giovinezza per una lingua che rischiava per molti versi di essere imbalsamata. Gli anglicismi, che solo ora cominciano ad essere numerosi, sono dovuti al fenomeno dell’anglomania che investe tutta l’Europa. È difficile sapere, però, se sono entrati direttamente nell’italiano o se ciò è avvenuto attraverso la mediazione francese, come accadrà spesso in seguito, anche perché la conoscenza della lingua inglese non è molto estesa. Le voci concernono in primo luogo il campo in cui l’Inghilterra ha l’indiscusso monopolio, cioè la vita politica. Abbiamo quindi opposizione, comitato, commissione, mozione, parlamento, esecutivo. Alla moda, settore in cui l’Inghilterra comincia a contendere il primato alla Francia, si deve il colore fumo di Londra, un grigio scuro di cui come al solito «La donna galante ed erudita» dà tempestiva notizia.
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