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Etica tradizionale
Definizione
Con l’espressione «etica tradizionale» ci si riferisce all’insieme di quelli che si potrebbero ritenere i capisaldi del ‘senso comune’ greco, in relazione ad àmbiti fondamentali della vita individuale e comunitaria come i rapporti con amici e nemici, il ruolo della famiglia, i doveri verso la patria e l’impegno nella politica in tutte le sue forme, la condizione della donna, in generale la gerarchia dei valori morali e sociali.
A ben vedere, come per ogni ‘senso comune’, è possibile rintracciare la genealogia di quelli che sembrano valori tradizionali, anonimi, quasi ‘naturali’: e nel caso dell’etica tradizionale greca, è facile vedere come essa abbia origine nell’ideologia aristocratica che monopolizza in larga parte o addirittura in toto la produzione e la circolazione di messaggi nella società greca arcaica e classica.
Autorità e principi dell’etica tradizionale
I contenuti dell’etica tradizionale sono per lo più affidati alle enunciazioni esplicite o alle esemplificazioni veicolate dai testi-chiave dell’educazione antica: in primo luogo Omero, sulla cui matrice aristocratica non c’è bisogno di insistere, quindi l’insieme dei testi poetici risalenti all’alto, al medio e al tardo arcaismo, inizialmente riservati per lo più a una circolazione orale ristretta entro l’istituto del simposio, quindi progressivamente assunti a testi di ampio dominio, i cui contenuti sono stati largamente ripresi, rifusi e assimilati entro forme artistiche di vasta risonanza sociale (e di forte incidenza ideologica e dottrinaria), come il teatro attico o l’insieme dei testi affidati a pubbliche competizioni poetiche.
Un particolare rilievo devono aver giocato composizioni di esplicita matrice didattica, come quelle attribuite a Esiodo o a Teognide, che assumono spesso la forma di autentici ‘prontuari’ di saggezza, dal marcato carattere normativo.
Come ogni forma di ideologia dominante, l’etica tradizionale trascende il limite di classe o di ceto cui lo confinerebbe la sua origine in seno all’aristocrazia arcaica, per assumere progressivamente il valore di un sapere diffuso, apparentemente ‘interclassistico’ e del tutto naturalizzato, senza evidenti legami con i suoi originari fondamenti socio-economici e culturali. Precetti relativi alla giustizia ritorsiva e compensativa (la ‘legge del taglione’), norme concernenti la convivenza civile, la ricchezza, la povertà, l’amicizia, la donna, la politica, gli dèi, la guerra, la felicità, il destino, finiscono per compiere un tragitto di progressiva assunzione a principi universali: non a caso, sin dalla tarda arcaicità, e ancor più a partire dalla fine della classicità, si svilupperà la tendenza a riunirle in gnomologi (raccolte di massime) e ad attribuirle alle più prestigiose autorità del passato.
Non è privo di significato che, allo snodo fra arcaismo e classicità, le fonti registrino il forte interesse dei tiranni per la diffusione dei contenuti etici tradizionali, che trovò peraltro un canale importante anche in Delfi e nel suo santuario. Momenti di vigorosa e mordace critica ai principi dell’etica tradizionale si riscontrano peraltro in ogni fase di questa parabola: dal pensiero di certi presocratici (Eraclito, Parmenide), all’anticonformismo dei sofisti, di Socrate e di tutte le derivazioni del socratismo (da Platone alle filosofie del primo ellenismo), che faranno della lotta al senso comune uno dei motivi conduttori della propria riflessione. Ma tale critica resterà per lo più limitata ad ambienti ristretti, elitari, sostanzialmente marginali. La diretta continuità che in molti casi si riscontra fra alcune massime dell’etica tradizionale greca e il thesaurus del sapere popolare e proverbiale moderno, dimostrano l’ampia pervasività e la profonda incidenza del fenomeno.
[Federico Condello]
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