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Un capitolo a parte è costituito dai molti grecismi introdotti dal Cristianesimo. Questa religione veniva infatti dall’Oriente dove la lingua della cultura era il greco. La sua forza dirompente ha minato alle fondamenta l’impero romano, negando i valori su cui si fondava. Data la necessità dell’evangelizzazione, inoltre, il Cristianesimo ha significato anche una forte apertura verso le masse popolari. Greca, pertanto, è la lingua della dogmatica e della liturgia; il latino, non va dimenticato, divenne lingua liturgica in Occidente solo alla fine del II secolo. Al greco quindi, e non al latino, dobbiamo i termini della teologia, come baptismus (> it. battesimo) o eucharistia (> it. eucarestia). D’altra parte, anche se portato più
alla riflessione morale e all’attività pastorale che alle
sottili questioni dottrinali, l’Occidente latino non sempre accettò
passivamente i termini greci, che talvolta entrarono nell’uso con
una certa fatica. È il caso di battesimo a cui si cercò
di opporre, ma senza successo, il latino lavacrum (> it. lavacro).
La stessa cosa, in fondo, accade oggi coi termini dell’informatica
che si impongono in tutto il mondo in inglese perché provengono
dagli Stati Uniti, il Paese a tecnologia più avanzata. Angelo
(< gr. ángelos = messaggero) ha un’origine
più complessa, perché è la traduzione dell’ebraico
biblico mal’ak che voleva dire «inviato di Dio»:
non esistendo in greco alcun termine corrispondente, fu attribuito ad
ángelos, che aveva il valore di «messaggero»,
il significato particolare di «messaggero di Dio». Ebraiche
invece, senza ulteriori trasformazioni, sono pasqua, la ricorrenza
più importante dell’anno liturgico, e sabato, il
nome di un giorno della settimana che interrompe la serie dedicata agli
dèi pagani iniziata con lunedì (< lat. Lunae
dies) e anticipa la dominica (dies) (= il giorno
del Signore). Dominicus (–a –um), aggettivo
che nel latino classico designava «ciò che è del padrone»,
assume ora un significato pregnante, perché il signore per antonomasia
è Dio.
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