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Elio/Sole
(gr. Hélios, lat. Sol)
Figlio del titano Iperìone (con il quale è talvolta identificato) e di Teia, personificazione del Sole in quanto divinità, raffigurato spesso sotto la specie di un auriga che guidava l’astro solare da Oriente a Occidente durante le ore diurne, per poi far ritorno a Oriente, durante la notte, all’interno di una coppa dorata. Scarso il suo ruolo all’interno delle tradizioni mitiche greche: gli si attribuiscono frequenti soggiorni nella terra degli Etiopi e in Sicilia, dove possedeva sette mandrie di buoi e sette greggi di pecore (oggetto di infausto furto da parte dei compagni di Odisseo, che vennero perciò puniti con la morte [Odissea I 6-9]). Egli è raffigurato sin da Omero come un dio che tutto vede (è lui che rivela ad Efesto l’adulterio di Afrodite, secondo la vicenda narrata da Demodoco) e gli si attribuiscono alcuni figli: da Perse figlia di Oceano generò Eeta, Circe e Pasìfae; da un’altra oceanina, Clìmene, generò Fetonte, che nel tentativo di guidare il carro del padre fu condotto a prematura morte. A livello cultuale la figura di Elio non registra che minime attestazioni: gli era comunque dedicata una statua gigantesca all’ingresso del porto di Rodi (il cosiddetto ‘colosso di Rodi’). A partire dall’età classica egli venne spesso identificato con Apollo, volentieri raffigurato nelle vesti di un dio solare. Solo con le tarde evoluzioni del paganesimo, in età imperiale romana, Elio – nella forma del Sol Invictus – godette di una certa fortuna quale dio di un culto monoteistico di matrice orientale assai diffuso nelle file dell’esercito romano e spesso incoraggiato, in funzione anticristiana, dalle élites imperiali.
[Federico Condello] |