Gli schiavi catturati nell'entroterra o comprati dai capi villaggio venivano incatenati in lunghissime file, per impedirne la fuga, e venivano costretti ad una lunga e terribile camminata verso la costa, diretti verso i porti più vicini. I maggiori punti di imbarco per gli schiavi neri erano, in Africa occidentale, Sao Jorge da Mina (alias Elmina), Luanda (attuale Angola), e Porto Seguro o Ouidah (nella «Costa degli Schiavi», il moderno Togo e Benin),e da qui potevano essere spediti in Brasile, a Sao Salvador de Bahia de todos os Santos, a Cuba, Haiti, Santo Domingo, Cartagena de las Indias (attuale Colombia) e Annapolis, nel Maryland. Ovviamente anche alcune città europee, come Lisbona, si erano attrezzate per trasformarsi in veri e propri magazzini umani, incrementando vistosamente le proprie risorse economiche. Le cifre che sono giunte fino a noi sono veramente altissime: gli schiavi sbarcati oltreoceano tra il 1501 e il 1888 furono circa 9.475.00. E se si conta che circa il sessanta per cento di loro moriva durante la traversata...
"Pian piano si tastò il polso e la caviglia destra stretti da un cerchio di ferro. Sanguinavano. Tirò leggermente la catena; doveva esser collegata al polso ed alla caviglia sinistra dell'uomo con il quale poco prima aveva lottato. Alla sua sinistra era disteso un uomo incatenato a lui per le caviglie, che gemeva di continuo. Stavano così stretti che al minimo movimento si urtavano a vicenda. Con più cautela Kunta cercò allora di sollevarsi, ma non c'era nemmeno lo spazio sufficiente per stare seduto (...) Ascoltò invece le grida ed i lamenti che gli risuonavano intorno. Dovevano esserci molti uomini lì con lui, nell'oscurità: alcuni vicini, altri un po' più lontani, ma tutti in un'unica stanza, se era una stanza. Aguzzando le orecchie percepì altre voci, attutite, provenienti dal basso: da sotto il tavolino viscido sul quale era disteso."
Questo brano, tratto dal libro "Radici" di Alex Haley, rende molto bene la condizione degli schiavi sulle navi negriere. Questo viaggio tormentoso verso l'America iniziava su vecchie carrette stipate fino all'inverosimile, che spesso si sfasciavano dopo appena qualche chilometro di navigazione, dove gli schiavi venivano ammassati in locali non più altri di un metro e mezzo, quasi privi di aria e luce. Qui, nudi e incatenati a due a due, compivano traversate che potevano durare anche due o tre mesi. La mortalità era altissima. Molti si ammalavano per il sudiciume, la facilità di contagio, l'alimentazione inadatta. Altri, spinti dalla disperazione, si suicidavano buttandosi in acqua. Ma venivano anche gettati in mare quando i viveri cominciavano a scarseggiare. Ancora oggi, le ricerche scientifiche dimostrano che le rotte più seguite dagli squali per le loro migrazioni corrispondono perfettamente a quelle dei cargo negrieri dei secoli scorsi.