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Plutarco
(gr. Ploútarchos, lat. Plutarchus)
Notizie biografiche
Plutarco nacque a Cheronea, piccola località della Beozia non distante dal confine attico, in una data che si determina a partire dalla notizia autobiografica secondo cui nel 66 d.C., durante il soggiorno dell’imperatore Nerone in Grecia, egli si trovava a Delfi per seguire le lezioni del retore egiziano Ammonio; poiché tale discepolato si concilia con la prima età giovanile dello scrittore, si può ipotizzare che egli sia nato fra il 45 e il 50 d.C. La ricchezza dei riferimenti autobiografici contenuti nelle sue opere permette di ricostruire in maniera circostanziata la composizione della sua famiglia: conosciamo bene il nonno Lampria, il padre Autobùlo, i fratelli Lampria e Timone; è certo che la sua fosse una stirpe di un certo rango e di non poca sostanza, pur limitatamente al contesto locale di Cheronea: lo stesso Plutarco, ancora giovane, ebbe incarichi diplomatici presso il governatore romano della provincia Acaia. Poco dopo i vent’anni Plutarco sposò una donna dell’alta società beotica, Timòssena, dalla quale ebbe cinque figli, di cui solo due raggiunsero la giovinezza, Plutarco il giovane e Autobulo. Dalle stesse opere di Plutarco si possono ricostruire i suoi numerosi viaggi attraverso il mondo greco-romano, ispirati talvolta da necessità diplomatiche o politiche, non di rado da semplice curiosità di turista culturale: lo scrittore fu tra l’altro ad Atene (dove studiò e di cui ottenne la cittadinanza), a Sparta, ad Alessandria, a Sardi e più volte a Roma, nonché in diverse altre località italiane. Ricoprì in patria numerosi ruoli politici e amministrativi: fu arconte eponimo, magistrato addetto all’edilizia e alla polizia, forse beotarca, cioè supremo magistrato della Lega Beotica, ma anche membro del ceto sacerdotale di Delfi, benché lo stesso Plutarco sottolinei la natura meramente burocratica – non perciò immeritevole di onesta e costante dedizione – dell’impegno politico nella più matura età della dominazione imperiale romana; per i suoi meriti di amministratore e di intellettuale Plutarco ottenne non solo la cittadinanza romana, ma anche la dignità consolare (attribuitagli dall’imperatore Traiano) e addirittura la carica di proconsole (attribuitagli dall’imperatore Adriano). Non è chiaro il carattere della piccola ‘accademia’ che Plutarco – non privo di esperienze ‘internazionali’ in qualità di fortunato conferenziere – organizzò e diresse a Cheronea: pare assodato che tale scuola vantasse un numero considerevole di discepoli, ma è probabile che essa abbia sempre avuto una natura in certo modo dilettantesca, limitata per lo più ad amici e a semplici amatori della cultura classica; certo è che alla scomparsa del maestro la scuola poté registrare non rari fenomeni di pseudoepigrafia (produzione di testi fatti circolare falsamente sotto il nome di Plutarco) analoghi a quelli testimoniati per associazioni filosofiche prestigiose come l’Accademia di Platone o il Liceo di Aristotele. La data della morte di Plutarco rimane incerta: sicuramente dopo il 119 d.C., perché il cronografo Eusebio (III-IV sec. d.C.) data a quell'anno l’attribuzione della carica proconsolare.
Opere
La produzione di Plutarco, proprio per la natura eclettica e in certo modo amatoriale del suo ‘umanesimo’, fu assai ampia e varia. Il cosiddetto Catalogo di Lampria – una lista delle opere plutarchee falsamente attribuita al figlio dello scrittore, ma risalente alla tarda antichità, e compresa nell’enciclopedia bizantina Suda (X d.C.) – registra ben 227 titoli, fra cui almeno 130 devono dirsi perduti; ai titoli del catalogo vanno però aggiunte ca. 30 opere superstiti o comunque testimoniate in fonti diverse dal catalogo stesso. Si ottiene così la cifra notevolissima di ca. 260 scritti, molti dei quali di non breve estensione (e però alcuni senza dubbio apocrifi). Plutarco risulta così non solo uno dei più fertili autori dell’antichità greco-latina, ma anche uno dei meglio conservati, poiché sotto il suo nome sono giunte 48 biografie (di cui 44 riunite nelle famose coppie – formate da un personaggio greco e da uno romano – delle cosiddette Vite parallele) e ben 78 trattati di vario argomento, che spaziano dall’etica alla scienza naturale, dalla pedagogia all’erudizione antiquaria, dalla critica letteraria alla riflessione politica, dalla religione alla storia, e che i codici medievali denominano con la generica designazione – adottata per comodità anche dai moderni – di Moralia (gr. Ethiká, «Scritti morali»).
Le Vite parallele
Le biografie e in particolare le Vite parallele (supremo monumento letterario al mito dell’unità culturale greco-romana, secondo un motivo ideologico assai diffuso fra I e II secolo d.C.) sono l’opera plutarchea di gran lunga più fortunata e più letta: non solo un modello per molta biografia antica e moderna, ma anche un tesoro d’ispirazione per alcuni fra i più grandi autori della modernità, da Shakespeare a Goethe, da Corneille e Racine a Schiller, senza dimenticare i nostri Alfieri e Foscolo. Plutarco stesso enuclea i principi metodologici della biografia nel primo capitolo della Vita di Alessandro (ma anche nel quinto capitolo della Vita di Nicia), chiarendo come essa debba distinguersi dalla storia (intesa, con Tucidide, come storia di fatti e di azioni militari) e mirare a far chiarezza sul carattere dell’individuo, indagato nella sua singolarità, ma secondo una selezione accurata del materiale che possa farne contemporaneamente un paradigma universale di vizio o virtù.
Le biografie di Plutarco (non di rado contestate per la loro inattendibilità) sono così una straordinaria raccolta di testimonianze provenienti da fonti storiche per noi smarrite. È opinione diffusa che Plutarco abbia esordito stilando alcune biografie isolate (per esempio quelle del condottiero Arato, del re persiano Artaserse, degli imperatori Galba e Otone) e che solo in séguito il progetto si sia precisato secondo la forma, poi canonizzata, delle due biografie parallele (prima quella di un greco, poi quella di un romano), per lo più concluse da una súnkrisis, cioè da un confronto fra i tratti caratteriali, le vicende, la fortuna dell’uno e dell’altro personaggio (tale confronto conclusivo manca solo in 4 coppie biografiche).
Nella maggior parte dei codici medievali le Vite sono disposte nel seguente ordine: Teseo e Romolo, Solone e Publicola, Temistocle e Camillo, Aristide e Catone Maggiore, Cimone e Lucullo, Pericle e Fabio Massimo, Nicia e Crasso, Alcibiade e Coriolano, Demostene e Cicerone, Focione e Catone Minore, Dione e Bruto, Timoleonte e Emilio Paolo, Eumene e Sertorio, Filopemene e Flaminio, Pelopida e Marcello, Alessandro Magno e Cesare, Demetrio e Antonio, Pirro e Mario, Arato e Artaserse, Agide/Cleomene e Tiberio/Caio Gracco, Licurgo e Numa, Lisandro e Silla, Agesilao e Pompeo.
Naturalmente Plutarco non può essere considerato l’inventore del confronto fra uomini politici e generali appartenenti a nazionalità diverse (anticipazioni in questo senso si trovano già nel IV a.C.), ma certo egli elevò il metodo a sistema, nel quadro di un’ideologia imperiale che dell’unità greco-romana (si pensi solo al filellenico imperatore Adriano) faceva uno dei suoi capisaldi, e che trovò in Plutarco – sia nell’intellettuale, sia nell’onesto e indefesso amministratore – un portavoce convinto ed efficace. È stato osservato che Plutarco, in molti casi, non riesce a nascondere la preferenza accordata ai suoi connazionali: ma certo il proposito del ‘confronto’ rimane sempre in primo piano.
È del resto Plutarco stesso a denunciare gli intenti etici e pedagogici della sua scrittura morale (Vita di Emilio Paolo, 1), secondo un procedimento di ‘tipizzazione’ del personaggio che resterà caratteristico della biografia. I moderni hanno ipotizzato che egli sia diretto discendente dei Peripatetici (cioè degli scrittori impegnati nel solco di Aristotele e della sua scuola), il cui modello biografico sarebbe stato così perfezionato e consegnato alle età future; altri sottolineano piuttosto la continuità della tradizione biografica antica, dal V secolo a.C. – dunque prima di Aristotele e della sua scuola – sino al coronamento fornito appunto da Plutarco.
I Moralia
Il titolo attribuito alla raccolta dei 78 trattati giunti sotto il nome di Plutarco è senza dubbio assai restrittivo, benché colga l’essenziale intenzione etica e pedagogica che anima anche questa parte della produzione plutarchea. Emergono nell’erudito e nel filosofo, come nel biografo, le costanti di un procedimento fondato sull’analisi minuta del singolo fatto, aneddoto, testimonianza, quasi sempre al fine di farne emergere la sostanza morale e paradigmatica. Nelle opere erudite o protrettiche (‘esortative’) Plutarco non rinuncia a un artificio che è tipico delle biografie e che costituisce per noi una ragione di gratitudine: la citazione, specialmente da poeti arcaici e classici (non di rado alquanto disinvolta, ma comunque preziosa); è chiaro del resto il carattere spesso divulgativo degli scritti filosofici, che si richiamano volentieri a Platone – anche nella scelta non rara del dialogo – ma che molto devono anche allo stoicismo e in generale all’eclettica koiné della filosofia ellenistica. Ne risulta l’immagine di un pensatore pieno di buon senso ma privo di originalità e di autentica autonomia intellettuale; se ciò, nel giudizio dei moderni, condanna Plutarco al ruolo di un ‘minore’, proprio tale ragionevole eclettismo ne ha garantito la fortuna di autore enciclopedico, buono per molti usi, sia da parte pagana che da parte cristiana.
[Federico Condello]
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