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Dialogo
Come genere letterario autonomo, il dialogo deve la sua fortuna alla filosofia del V-IV sec. a.C., che lo elesse a forma ideale del confronto fra idee e punti di vista, prima con Socrate – ma in forma esclusivamente orale – e poi con i suoi discepoli, in particolare con Platone, Senofonte ed Eschine di Sfetto (anche se alcuni fonti fanno di Zenone, allievo di Parmenide, il primo ‘inventore’ del dialogo filosofico). La forma fu quindi ampiamente imitata dai filosofi successivi, segnatamente da Aristotele (in opere non sopravvissute) e dai suoi allievi (Teofrasto, Dicearco, Eraclide Pontico); sicché la ‘conversazione filosofica’ (o lato sensu erudita) rimase una struttura fortunatissima sia in ambito greco (per es. con Plutarco e Ateneo) sia romano (per es. con Cicerone, Tacito e Macrobio) e quindi cristiano.
Ma prima di svilupparsi quale genere autonomo, sia in ambito filosofico, sia in autonomi esperimenti di carattere letterario (per es. quelli di Luciano), il dialogo costituisce un elemento fondamentale di altri generi letterari: in primo luogo l’epica (dove è essenziale, come intuì Platone, che l’autore sappia prestare la sua voce a più personaggi), ma anche la lirica (strutture dialogate sono presenti in molti lirici arcaici, sia monodici sia corali) e soprattutto il dramma. In quest’ultimo il dialogo rappresenta una delle forme espressive fondamentali, specie se si ritiene con Aristotele che da un’embrionale struttura dialogica (quella fra il capocoro e il coro ditirambico) sia nata la stessa tragedia. Lo sviluppo dei dialoghi drammatici – che nel corso del V sec. a.C., in tragedia e soprattutto in commedia, raggiunsero il massimo della vivacità e del realismo – è strettamente legato alle nuove soluzioni drammaturgiche escogitate da Eschilo e da Sofocle, con il progressivo aumento del numero degli attori. Se la forma canonica del dialogo prevede il coinvolgimento di due personaggi – si parla di stichomitía quando la singola battuta corrisponde al singolo verso, di antilabé quando un verso è distribuito fra più battute – non è raro che al dialogo fra due attori partecipi il coro, intervenendo con battute di commento o con vere e proprie interrogazioni e risposte, né che il coro stesso (sempre nella persona del corifeo) sia una delle due parti coinvolte nel dialogo. Il metro del dialogo drammatico è tradizionalmente il trimetro giambico delle sezioni recitate, ma non mancano esempi di dialoghi lirici, specie laddove sia coinvolto il coro. Particolarmente in Eschilo brani di dialogo possono alternarsi a brani lirici, in una struttura assai comune nella commedia, che si definisce epirrematica.
[Federico Condello]
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