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Il Medioevo
Il Decameron
– in contrapposizione con la
Commedia
«divina» di
Dante – «
commedia umana
».
Il principio di una
ordinata varietà
domina an-
che nelle
forme
, nei
toni
e nello
stile
. La novella
viene infatti usata da Boccaccio in maniera estre-
mamente variata e flessibile: il lettore incontra co-
sì l’avventura (per esempio le peripezie per mare
di Landolfo Rufolo o della bella Alatiel) e il me-
raviglioso (per esempio il volo di Messer Torello
su un letto magico, che ricorda gli incanti delle
Mille e una notte
, oppure l’angosciante visione di
Nastagio degli Onesti), la tragedia e la comme-
dia, la farsa e l’elegia.
I temi del Decameron: fortuna, ingegno e
amore
 La materia di cui tutte le novelle ragiona-
no è
la vita umana in tutte le sue manifestazioni
,
addensata intorno ad alcuni nuclei di significato:
la
fortuna
, che nel suo eterno gioco determina le
imprevedibili e multiformi circostanze del vivere
umano; l’
ingegno
, che offre agli uomini le risorse
per contrastare le contingenze impreviste, le av-
venture, i rovesci del caso; l’
amore
, forza irresi-
stibile della natura che muove ogni uomo e ogni
donna. Ciascuno di questi nuclei viene esplorato
nelle diverse sue forme e manifestazioni, anche
contraddittorie, creando un arabesco di vicen-
de nel quale si mostrano la bassezza e la sublimi-
tà, il raggiro e la virtù, la passione e il sacrificio.
La
fortuna
in Boccaccio non ha nulla di provvi-
denziale, non è più (com’era in Dante) uno degli
strumenti attraverso cui Dio interviene nel mon-
do a manifestare la propria imperscrutabile giu-
stizia. La fortuna è l’imprevisto che può sconvol-
gere i piani e i progetti, è la casualità alla qua-
le l’uomo deve saper reagire con l’
ingegno
, os-
sia con la capacità di affrontare ogni circostanza
o avversità volgendola con prontezza a proprio
vantaggio. L’ingegno non va confuso con la mo-
ralità, anzi spesso si manifesta con mezzi moral-
mente riprovevoli, con l’inganno, con la violenza:
virtuoso è infatti l’uomo che lotta con i mezzi a
sua disposizione (che sono mezzi terreni, concre-
ti, umani) per non lasciarsi sopraffare dalla for-
tuna. L’ingegno è dunque una virtù tipicamen-
te borghese, che delinea una
nuova concezione
– laica, pragmatica, spregiudicata – dell’intel-
ligenza umana
.
Il principale strumento dell’ingegno è la
parola
,
sia essa usata in una complessa orazione o in un
motto fulminante: attraverso l’uso intelligente e
ordinato della parola, di volta in volta si raggiunge
un obiettivo o un vantaggio (come lo spregiudi-
cato frate Cipolla), si scongiura un pericolo (co-
me fa Chichibio o, a un ben diverso livello intel-
lettuale, Guido Cavalcanti), si afferma un diritto
(come monna Filippa davanti al tribunale che la
giudica per adulterio) si deride uno sciocco o si
«castiga» un importuno (come fa monna Oretta
con un narratore fastidioso).
L’
amore
ha nel
Decameron
un grande spazio: del
resto, l’amore è implicito già nella scelta dei desti-
John Everett Millais,
Lorenzo e Isabella
(Decameron, IV, 5),
1849.
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