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Giacomo Leopardi
3
L’infinito
L’avversativa («Ma») segnala
il passaggio dal piano della
realtà a quello dell’immagi-
nazione, favorito dall’ostaco-
lo visivo della «siepe».
Un nuovo stimolo senso-
riale, questa volta acusti-
co, suscita ora la fantasia
sull’eternità.
Il perdersi dell’io lirico nell’in-
finito suscita il timore dell’an-
nullamento ma anche un
profondo piacere, che na-
sce dal superamento dei li-
miti della realtà.
T5
L’infinito
Canti
, XII
Coordinate
L’infinito
 fu composto da Leopar-
di a Recanati molto probabilmente tra la prima-
vera e l’autunno del 1819. Pubblicato per la prima 
volta nel 1825 sulla rivista «Il Nuovo Ricoglitore», 
la poesia apriva la serie dei primi sei «idilli», bre-
vi componimenti di argomento soggettivo più sem-
plici nella struttura e nello stile rispetto alle coeve 
canzoni. Incluso nell’edizione bolognese dei
Versi
, 
l’idillio entrò a far parte dei
Canti
a partire dall’edi-
zione del 1831.
Il testo
 Mentre il poeta siede assorto su un colle nei 
pressi di Recanati, l’ostacolo visivo costituito da una 
siepe stimola nella sua immaginazione, per contrasto, 
l’idea dell’infinito spaziale; in modo analogo, il suono 
familiare dello stormire del vento tra le fronde lo indu-
ce a fantasticare su un’altra dimensione dell’infinito, 
quella temporale. In una forma puramente fantasti-
ca e poetica, l’io lirico supera così i limiti circoscrit-
ti della realtà e si smarrisce annullandosi in una di-
mensione sovrumana, che suscita piacere e sgomento.
Metrica
Endecasillabi sciolti.
Sempre caro mi fu quest’ermo colle
1
,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude
2
.
Ma
3
sedendo e mirando
4
, interminati
5
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo
5
; ove per poco
il cor non si spaura
6
. E come
7
il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
10
infinito silenzio a questa voce
vo comparando
8
: e mi sovvien l’eterno
9
,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei
10
. Così tra questa
immensità s’annega
11
il pensier mio:
15
e il naufragar m’è dolce in questo mare
12
.
1.
ermo colle:
colle solitario
: è il monte Tabor, nei
pressi di Recanati.
2.
che ... esclude:
che sottrae alla vista
(«guardo»)
gran parte dell’estremo orizzonte.
3.
Ma:
tuttavia
, cioè nonostante la siepe impedisca al-
lo sguardo di spaziare.
4.
mirando:
guardando intensamente
; il verbo indi-
ca un guardare assorto, capace di andare oltre le co-
se presenti.
5.
interminati ... mi fingo:
mi immagino nellamen-
te
(«mi fingo»)
al di là della siepe
(«di là da quella»)
spa-
zi infiniti e silenzi che superano la capacità di per-
cezione umana
(«sovrumani»)
e una profonda sen-
sazione di pace.
Il termine «pace» suggerisce anche
l’idea della morte, che Foscolo chiamava «fatal quiete».
6.
ove ... si spaura:
nei quali
(cioè in questi spazi in-
finiti)
il mio cuore quasi si spaventa,
come sbigottito
dal pensiero dell’infinito.
7.
come:
appena,
con valore temporale.
8.
quello ... vo comparando:
paragono
(«vo com-
parando»)
quel silenzio infinito a questo rumore
(«vo-
ce»)
del vento.
9.
mi sovvien l’eterno:
mi viene inmente l’eternità.
10.
le morte ... di lei:
le epoche passate e l’età at-
tuale e viva e i suoi rumori
(«suon di lei»).
11.
s’annega:
si smarrisce.
12.
in questo mare:
nel mare dell’infinito.
La mappa del testo
Una rigorosa simmetria
La lirica registra le diverse tappe di un’avventura dell’immaginazione che dividono il testo in due sequenze omo-
genee e simmetriche, di uguale ampiezza.
– Nella prima parte (vv. 1-8) l’io lirico, partendo da una situazione concreta, viene indotto da un
ostacolo visi-
vo
(la siepe) a passare dal
piano della realtà
al piano dell’
immaginazione
(«mi fingo», v. 7), giungendo alla
percezione dell’
infinito spaziale
.
TUTORIAL
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