nominarlo dittatore per neutralizzare la proposta di
legge agraria. Era poi stato eliminato da una congiu-
ra a cui aveva preso parte, sembra, la moglie Sem-
pronia, sorella dei Gracchi. Se questi erano i modelli
di virtù politica…
Non doveva essere più persuasiva l’esortazione a
fare
il bene della patria in vista del premio cele-
ste
: alla proiezione delle proprie aspettative nell’Al-
dilà sono più sensibili le folle dimesse che i politici
rampanti, per i quali il potere terreno è certamente
più intrigante del paradiso nella Via Lattea. Insomma
la fine di Cicerone non dimostra solo che egli aveva
abbracciato la causa perdente, ma anche che
la re-
pubblica
per cui militava
non aveva prospettive
:
arroccata nella difesa dei privilegi di pochi, mancava
di una base popolare e fu abbandonata al suo de-
stino. Egli poteva ben sapere che quella
res publica
non era affatto
res populi
, come la definiva ottimi-
sticamente Scipione Africano (
De re publica
I 39), e
che il popolo romano non era affatto un «complesso
di uomini associato sulla base del diritto e della co-
mune utilità», ma una folla di miserabili che tirava a
campare grazie all’istituto della clientela.
La lezione dell’antica Roma
Ma proprio qui si
gioca la distanza tra l’antica Roma e la nostra at-
tualità. Invero la corruzione odierna può sembrare
più diffusa e capillare di quella antica, anche perché
sfrutta gli strumenti della modernità per muovere
capitali, riciclare denaro, evadere doveri, occultare
prove. Ma il popolo non è più quello del tempo di
Cicerone e
lo stato è davvero
res populi
, alme-
no per quanto lo consentono la democrazia rappre-
sentativa e le leggi elettorali. Esprimendo il proprio
voto, il cittadino demanda alla formazione politica
di sua fiducia il compito di reprimere il malcostume.
D’altra parte, non mancano al popolo odierno gli
strumenti culturali per demistificare gli inganni della
propaganda. La cosa importante è che non si lasci
coinvolgere dal tessuto pervasivo di illegalità piccole
e grandi e che si mantenga onesto per scelta perso-
nale, tanto più pronto a scoprire l’altrui disonestà e
a combatterla con le armi della legalità.
Solo in questo modo il disgusto dei giovani verso
la politica, sempre in crescita dagli anni Ottanta a
oggi, potrebbe subire un’inversione di tendenza.
Non è agevole parlare di partecipazione e impegno
politico in anni in cui le parole ricorrenti sono ‘casta’
e ‘cricca’ e la stessa democrazia per certi versi è in
sofferenza: preferiamo cedere la parola al famoso
statista Pericle, che nel suo manifesto delle demo-
crazia ateniese diceva che «noi soli, colui che non
partecipa alla vita pubblica, non lo consideriamo un
uomo impegnato, ma un uomo inutile».
Il tema
Il catalogo dei libri sul tema del-
la corruzione contemporanea è nutritissi-
mo. Perché dunque invitiamo alla lettura
di questo libro (Einaudi, Torino 1991) de-
dicato non al fenomeno nel suo comples-
so ma a un protagonista? In primo luogo,
perché il
protagonista
di un libro che il-
lustra l’intreccio tra politica, mafia, mas-
soneria, alta finanza, è – una volta tanto
– un uomo onesto,
l’avvocato milane-
se giorgio Ambrosoli
. In secondo luogo,
perché il ventennio trascorso dalla pubbli-
cazione del libro e il trentennio dal fatto
in questione dimostrano che si è di fronte
a un fenomeno di lunga durata.
La trama
Il giornalista e pubblicista
Corrado Stajano ricostruisce la terribi-
le vicenda dell’avvocato Giorgio Ambro-
soli, incaricato dal governo di liquidare
la banca di Michele
Sindona
e assassi-
nato nel 1979 da un killer giunto dagli
Stati Uniti per ordine del finanziere. In-
tegralmente costruito su basi documen-
tarie (testimonianze, sentenze, atti delle
commissioni d’inchiesta, appunti di lavo-
ro dello stesso Ambrosoli), il libro non ha
nulla di romanzato, eppure si legge co-
me un romanzo proprio per l’incredibi-
le emergere di una
illegalità crimino-
sa
che ha come attori i banchieri di Mi-
lano e i politici di Roma, le banche sviz-
zere e la mafia americana, e poi i servi-
zi segreti, la loggia massonica, le finan-
ze vaticane. A dominare su tutti, la figu-
ra sinistra di Sindona, il genio del male
che alla fine viene sconfitto. Ma intanto
Ambrosoli muore sul campo
: un uo-
mo borghese (politicamente monarchi-
co), che gestisce il suo incarico con un
lealismo
che invano ci si aspetterebbe
dagli uomini di governo.
Il significato
Il messaggio del libro è
che dietro le facciate dei palazzi e i lucci-
chii delle feste si nasconde un
malcostu-
me etico-politico che i cittadini subi-
scono in modo inconsapevole
.
Le affinità con Cicerone e Verre
Pos-
siamo dire che Giorgio Ambrosoli sta a
Cicerone come Verre sta al finanziere
Michele Sindona. Ma con un corretti-
vo, e cioè che
Ambrosoli
, con la sua
determinazione,
è la copia migliorata
di Cicerone
, mentre Sindona è la copia
molto peggiorata di Verre, che per le
sue ruberie non poteva avvalersi di uno
strumento tipicamente moderno, come
quello della banca.
Un eroe borghese
Corrado Stajano
Un libro da leggere
10 Cicerone 237-302.indd 301
28/02/