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COmPREnSIOnE
• Scipione Africano raccomanda all’Emiliano di non
darsi pensiero della gloria terrena, che è di breve
durata, ma della vera immortalità nelle sfere celesti,
che si raggiunge solo con la pratica della virtù. Il
concetto dell’autosufficienza della virtù era profes-
sato soprattutto dagli stoici, per i quali la virtù era
premio a se stessa.
• Come riusciva Cicerone a conciliare una morale fon-
data sull’autosufficienza della virtù con una vita atti-
va a cui non era certo estranea la ricerca della gloria?
Rispetto a Cicerone oratore, nel tradurre Cicerone filosofo de-
vi aspettarti, da una parte, una prosa meno artificiosa e meno
elaborata. Mentre infatti l’oratore deve saper commuovere e
trascinare l’uditorio, il filosofo si propone semplicemente di
esporre un ragionamento nella forma più perspicua.
Tuttavia, purtroppo per chi deve tradurre, un ragionamento
filosofico è spesso complicato dal suo stesso spessore, oppu-
re, come nel caso del presente brano, da un registro elevato
come può essere quello di una profezia.
Naturalmente i caratteri di fondo rimangono quelli della pro-
sa di Cicerone e quindi troverai:
-
periodi ampi
e articolati;
- uso prevalente della
subordinazione
;
- frasi regolate dalla
concinnitas
, cioè per parti disposte ar-
monicamente;
- lessico a tratti segnato dallo sforzo di trasporre in latino ter-
mini della filosofia greca.
Un’attenzione particolare va prestata ai
nessi sintattici
, per-
ché consentono di capire quale strada sta prendendo l’argo-
mentazione: nel T21 le due protasi introdotte da
si
(
si… de-
speraveris… si voles
) indicano che si stanno ponendo le con-
dizioni per esortare alla virtù; l’interrogativa retorica afferma
la vanità della gloria umana; le prescrizioni negative
neque
te… dederis, nec… spem posueris
ecc. mettono in guardia
dal prestare troppa attenzione ai riconoscimenti terreni ecc.
Dal punto di vista lessicale, merita attenzione l’
endiadi
, cioè il
ricorso a una coppia di sinonimi per circoscrivere un concetto
difficile, come
sedem et aeternam domum
: si può optare per
la traduzione letterale «sede ed eterna dimora», oppure cer-
care una resa più efficace e interpretativa, che usi un termi-
ne per rafforzare l’altro: per es. «una dimora per l’eternità».
Infine, nel tradurre tieni conto del fatto che nei buoni scritto-
ri la cura dello stile non è mai fine a se stessa, ma ha perlo-
più una
ricaduta semantica
, come nell’ultimo ampio perio-
do del brano in esame, che rende suggestivamente l’eterno
fluire del tempo dilatando le frasi mediante l’accumulo dei
polisillabi, scanditi da allitterazioni, omeoteleuti e da un chia-
smo vistoso (
et obruitur hominum interitu et oblivione poste-
ritatis exstinguitur
). Prova, per quanto è possibile, a riprodur-
re in italiano questa elaborazione stilistica.
Tradurre Cicerone filosofo
Il punto su...
T22
«Sappi che tu sei dio»
Scipione Africano rivela all’Emiliano che l’anima dell’uomo è immortale e partecipe della
natura divina.
Quae cum dixisset: “Ego vero” inquam “Africane, siquidem bene meritis de patria quasi
limes ad caeli aditum patet, quamquam a pueritia vestigiis ingressus patris
1
et tuis de-
cori vestro non defui, nunc tamen tanto praemio exposito enitar multo vigilantius”. Et
ille
2
: “Tu vero enitere et sic habeto, non esse te mortalem, sed corpus hoc; nec enim tu
is es, quem forma ista declarat, sed mens cuiusque is est quisque, non ea figura, quae
3
digito demonstrari potest.
Deum
te igitur scito esse,
4
siquidem est deus, qui viget, qui
sentit, qui meminit, qui providet, qui tam regit et moderatur et movet id corpus, cui
praepositus est, quam
5
hunc mundum ille princeps deus; et ut mundum ex quadam
parte mortalem ipse
deus aeternus
, sic fragile corpus
animus sempiternus
movet.
Nam quod semper movetur
6
, aeternum est; quod autem motum adfert alicui, quodque ip-
sum agitatur aliunde, quando finem habet motus, vivendi finem habeat necesse est. Solum
igitur quod sese movet, quia numquan deseritur a se, numquam ne moveri quidam desinit”.
Somnium Scipionis
18-19 (
De re publica
VI 26-27)
Ora traduci tu
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