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La filologia e la “questione omerica”
no rimanere segrete e che venivano trasmesse in forma poetica da una generazione
all’altra di sacerdoti. L’epica greca (come abbiamo visto) non era patrimonio di una
casta e circolava invece in ambiti pubblici.
Le recenti scoperte sulle origini dell’alfabeto (cfr. mito cultura società, p. 6) fan-
no pensare che già in un’epoca non lontana dalle sue origini la poesia omerica fosse
Cantore intento a suonare
la lira
, secolo v a.C.,
Berlino, Staatliche Museen.
guerrieri infatti salgono sul carro, ma quando devono com-
battere scendono e si affrontano a piedi. In sostanza, i po-
eti conoscevano dalla tradizione orale l’esistenza del carro
da guerra, ma non erano più in grado di concepirne l’uso
preciso. Lo stesso vale per vari altri aspetti della cultura,
quali la casa e gli oggetti materiali. Ad esempio, i guerrieri
omerici combattono con armi di bronzo come si usava in
età micenea, e non di ferro, che divenne il metallo impiega-
to per le spade attorno al x secolo a.C. Anche la scrittura è
ignorata in Omero (l’unico possibile accenno riguarda forse
un sistema pittografico e non comunque la scrittura alfabe-
tica che fu introdotta attorno all’viii secolo a.C.). Quando
in Omero si parla del ferro (accade in alcune circostanze) si
allude al ferro come metallo prezioso; inoltre si parla spesso
di leoni, animali diffusi nella Grecia micenea (esistono ri-
lievi di quell’età raffiguranti la caccia al leone), ma che non
esistevano più in epoca posteriore. Ugualmente, nell’
Iliade
la posizione di Agamennone a volte riflette quella di un re
miceneo, signore assoluto del suo territorio, a volte quella
del
primus inter pares
di una società aristocratica arcaica.
Forme culturali di un passato “selvaggio”
Ancora più com-
plessi sono gli elementi che si riferiscono a forme culturali
scomparse nella società greca successiva, ma che riemer-
gono talvolta nella poesia epica; se il mondo omerico ap-
pare nel suo complesso alquanto progredito e civile e, per
così dire, “laico”, in esso non mancano tracce di un passato
più “selvaggio”. È esemplificativo il fatto che spesso gli eroi
omerici minaccino i nemici di tagliare loro la testa, una
barbara usanza che era vista con orrore dai Greci di epo-
ca successiva, ma che in età micenea non doveva costituire
un’eccezione. Così, gli aedi modificarono la tradizione ri-
nunciando a descrivere un atto che risultava ripugnante al
loro uditorio e lo sostituirono con una minaccia che non ha
poi seguito. Lo stesso vale per i sacrifici umani: questi sono
citati in Omero in un passo dell’
Iliade
(nel canto xxiii, in
occasione dei funerali di Patroclo, quando Achille sacrifica
alcuni prigionieri troiani sulla pira dell’amico). Il sacrifi-
cio umano, in effetti, in epoca storica, fu completamente
abbandonato dai Greci (tranne in alcune zone isolate e
primitive dove forse esso poteva ancora avvenire, solo in
circostanze eccezionali), ma era stato praticato normal-
mente dai Micenei. Restano infatti documenti, sia arche-
ologici sia scritti, in cui si parla di vittime umane immo-
late alla divinità per stornare terremoti o calamità: così,
gli aedi espunsero dai loro canti ogni riferimento a questa
pratica, tranne in quell’unico caso, che era evidentemente
troppo noto nella tradizione mitica per essere alterato.
M I TO CULTURA SOC I ETà
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Ipotesi sulle prime
registrazioni dei poemi