I poemi omerici
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strò versioni anche sensibilmente diverse dello stesso canto fatto recitare a uno stesso
poeta in occasioni diverse. Del resto, gli antichi avevano a loro modo intuito questo
concetto, quando facevano del poeta un semplice intermediario delle Muse (ossia,
della memoria poetica collettiva), quindi un uomo ispirato o iniziato dalle dee (cfr. p.
14), capace solo, grazie al loro aiuto, di trasferire la poesia a un uditorio. La presenza
di “strati” diversi nell’epica, di suture e contraddizioni, è dunque da vedere nell’ottica
di un modo di fare poesia in cui la presenza di un singolo autore non contrasta con
il carattere collettivo di questi canti: così, il metodo oralistico più che risolvere il pro-
blema dell’identità di Omero, l’ha reso inutile.
Contro un uso eccessivo della nozione di formula, bisogna peraltro tenere presenti i
molteplici nessi e i sottili richiami, in avanti come all’indietro, che percorrono tutto
l’epos omerico, e che i critici unitari avevano giustamente messo in rilievo. L’
Iliade
e
l’
Odissea
hanno infatti un tema ben definito (enunciato fin dall’inizio e svolto compiu-
tamente), si distinguono per l’atmosfera e i modi della narrazione, sono opere duttili e
aperte alla molteplicità, ma anche compatte. Tutto ciò fa ritenere altamente verosimile
che la scrittura abbia avuto un qualche ruolo nella composizione e nella fissazione di
poemi dalla struttura così complessa, e che questo ambizioso progetto artistico debba
recare l’impronta di un creatore, comunque si sia chiamato e qualunque sia stato il suo
grado di dipendenza dalle tradizioni e dalle tecniche poetiche precedenti.
C’è da porsi quindi il problema, oltre che della composizione orale, anche della con-
servazione dei poemi; in sostanza, quando Omero venne scritto per la prima volta?
In sé, non è impossibile che poemi così vasti potessero circolare senza l’ausilio della
scrittura anche per molto tempo: Giulio Cesare, parlando dei Druidi celtici, assicu-
ra che essi imparavano a memoria un numero enorme di versi della loro tradizione
epica e rifiutavano di metterli per iscritto (
De bello gallico
6,14); va però detto che
si trattava di una casta sacerdotale, restia a pubblicare idee e dottrine che doveva-
La decifrazione della lineare B
Nel 1952 l’inglese Michael
Ventris riuscì a decifrare la scrittura delle tavolette car-
bonizzate che erano state scoperte nei palazzi micenei di
Pilo. Si scoprì allora che gli abitanti di quelle regioni par-
lavano greco, in una forma affine al dialetto che ancora in
età storica era usato in alcune regioni isolate della Grecia
(precisamente l’Arcadia e Cipro). Alcune parole sono fa-
cilmente riconoscibili e si trovano con lo stesso valore nei
poemi omerici: ad esempio,
wa-na-ke
corrisponde ad
ènax
,
cioè «sovrano assoluto» e talvolta «essere divino», diverso da
basileÖ©
che, sebbene nel greco successivo significhi «re», in
Omero vale generalmente come «capo di un clan nobiliare».
Il legame tra i poemi omerici e l’epoca micenea
I legami tra
Omero e l’epoca micenea divennero dunque più chiari: se è
evidente infatti che i poemi presero forma successivamente, è
anche certo che molti elementi in essi contenuti (in partico-
lare nell’
Iliade
, dato che l’
Odissea
rappresenta generalmente
una società più tarda) provengono proprio dalla civiltà mi-
cenea. Rientra infatti nelle forme espressive della poesia epi-
ca orale la capacità e più ancora la necessità di conservare
materiale precedente: tale fenomeno è noto con il nome di
“stratificazione”. La poesia epica in quanto “enciclopedia
tribale” conserva molto materiale tradizionale che permane
immutato nelle successive recitazioni dei cantori. Sovente tale
materiale resta come incapsulato all’interno delle formule o
delle scene tipiche che costituiscono l’essenza del linguaggio
epico e che, in quanto tali, si trasmettono senza mutazioni.
Aspetti della civiltà materiale riferibili all’epoca micenea
Vari
aspetti della civiltà materiale raffigurati da Omero sono
riferibili all’età micenea ed erano già scomparsi quando i
cantori elaborarono le rapsodie epiche. Ma poiché gli aedi
s’ispiravano anche alla società contemporanea, accade che
si trovino nei poemi elementi in apparenza contraddittori,
in quanto provengono da due strati cronologicamente assai
lontani: ad esempio, a volte i guerrieri combattono a piedi
organizzati in falangi (ossia in una muraglia di guerrie-
ri schierati fianco a fianco), a volte invece combattono sul
carro da guerra. Ora, l’ordinamento a falange cominciò a
svilupparsi in Grecia attorno ai secoli viii-vii a.C., men-
tre il carro da guerra era impiegato dai guerrieri micenei,
ma successivamente cadde in disuso. Nell’
Iliade
il carro fa
parte dell’attrezzatura di un capo militare, ma gli aedi non
avevano più nozione precisa del suo uso, tanto che (come
è stato scritto) esso è adoperato come una specie di taxi; i
Omero e Micene: la stratificazione epica
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Il ruolo della scrittura