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Scheda
4
Nessuno è perfetto
6.2
Adattamento all’ambiente
fisico: clini ed ecotipi
Da quanto si è detto sinora appare chiaro che gli
adattamenti non compaiono contemporaneamen-
te in tutti gli individui. Sono di norma prodotti da
mutazioni o da processi di ricombinazione genetica
che interessano un unico individuo, o pochi indivi-
dui, e solo nel corso delle generazioni si diffonde-
ranno nella popolazione.
Spesso le popolazioni, soprattutto se contano un
elevato numero di organismi, sono suddivise in sot-
topopolazioni tra le quali il flusso genico è relativa-
mente ridotto. Poiché nella maggior parte dei casi gli
adattamenti sono caratteri multifattoriali (colorazio-
ni, forme corporee, comportamenti ecc.), ne conse-
gue che spesso si distribuiscono sul territorio secon-
do gradienti di variazione. Un tipo di distribuzione
graduale assai frequente è il
cline
. Ne è un esempio
la taglia corporea, che in molti uccelli e mammiferi
aumenta gradualmente tanto più ci si sposta verso
Nord (nel nostro emisfero), perché l’aumento delle
dimensioni corporee produce una riduzione del rap-
porto superficie/volume e favorisce il mantenimento
del calore interno nei climi freddi.
Anche nelle piante esiste una distribuzione geo-
grafica graduale delle caratteristiche fisiche e fisio-
logiche: il
Trifolium repens,
per esempio
,
riduce la
produzione di cianuro al crescere della latitudine,
perché il cianuro (usato come difesa contro gli er-
bivori) danneggia la pianta se il gelo distrugge le
membrane cellulari (
21
).
pollice
opponibile
(falso dito)
Fig 20 Europa temperature
—13,3 ¡C
—8,9 ¡C
—4,4 ¡C
0,0 ¡C
4,4 ¡C
8,0 ¡C
2,0 ¡C
0,0 ¡C
4,4 ¡C
0,0 ¡C
La selezione naturale non produce organismi
perfetti, per diversi motivi.
– Esistono dei limiti a ciò che la selezione
può fare, perché deve scegliere l’individuo
migliore tra quelli “a disposizione”.
– La selezione non crea nuovi caratteri: può
adattare forme anatomiche preesistenti a
nuove situazioni, ma non crearne “ex novo”.
Poiché ogni vivente ha una storia evolutiva
che lo ha portato ad avere certe caratteristi-
che, la selezione è costretta a effettuare una
sorta di “bricolage evolutivo”, rimaneggian-
do strutture preesistenti: è il caso delle “pin-
ne” dei pinguini, che derivano dalla modifi-
cazione di ali, e delle pinne delle balene, che
derivano dalla trasformazione delle zampe
di un tetrapode ancestrale. Questo accade
perché in termini evolutivi è più “semplice”
modificare strutture “antiche” che crearne
di nuove: le mutazioni sono rare e casuali,
per cui difficilmente forniscono nuove strut-
ture evolutivamente utili (attenzione però:
“difficilmente” non significa “mai”). Il pa-
leontologo americano S. J. Gould ha reso
famoso il caso del pollice del panda (
1
):
questo animale è l’unico mammifero a pos-
sedere un sesto “dito”, assai utile per sfo-
gliare il bambù di cui si nutre. In realtà non
è un dito aggiuntivo, ma il prolungamento di
un osso del polso (il sesamoide): è più facile
che si modifichi un osso già esistente, piut-
tosto che se ne formi uno ex-novo.
– Gli adattamenti sono spesso il risultato di
un compromesso tra le diverse necessità
dell’organismo. Le foche e i trichechi si muo-
vono con grande agilità in acqua, ma sulla
terraferma sono molto impacciati. L’adatta-
mento alla vita acquatica ha reso il loro corpo
poco adatto alla vita al suolo, ma non è arri-
vato a renderli del tutto incapaci di muoversi
sulla terraferma.
– Il caso interferisce con l’evoluzione: cata-
strofi di tutti i tipi, dalle eruzioni vulcaniche
agli impatti con meteoriti, possono modifica-
re il corso dell’evoluzione e probabilmente
lo hanno fatto, se si ritiene valida la spiega-
zione che viene data dell’estinzione dei di-
nosauri, a cui si deve tra l’altro il successo
evolutivo dei mammiferi (vedi § 9) .
Ma a ben vedere è proprio l’imperfezione
degli adattamenti, più che la loro compiu-
tezza, ad essere la prova più convincente
dell’evoluzione. Colui che per primo ha pro-
gettato un aeroplano o un sottomarino è par-
tito da zero, non da un progetto preesistente
di un’automobile. Invece l’evoluzione fa pro-
prio così: da un tetrapode terrestre ancestra-
le ha prodotto infatti delfini e uccelli, balene
e pipistrelli.
Si conferma così quanto pensava Darwin
(in contrapposizione a Lamarck): i processi
evolutivi non seguono un progetto orientato
verso la “perfezione”, di cui l’uomo sarebbe
il prodotto finale. È indubbio che nel corso
dell’evoluzione sono comparse prima forme
di vita più semplici e che da queste si sono
evoluti organismi più complessi, ma sono
numerosi gli esempi di percorsi “al contra-
rio”, in cui gli organismi sono diventati più
semplici: i parassiti, per esempio, spesso
perdono strutture importanti come gli arti,
perché non si muovono, o l’apparato dige-
rente, perché assorbono sostanze nutritive
già digerite. E che dire del grande succes-
so evolutivo, in termini numerici, di batteri
e insetti, organismi di certo più semplici dei
mammiferi? Dobbiamo quindi concludere
che non esiste una tendenza evolutiva uni-
ca, ma tanti percorsi evolutivi che hanno un
unico obiettivo: l’adattamento all’ambiente.
Figura 21
Distribuzione
delle popolazioni di
Trifolium repens in
diverse aree dell’Europa,
in base alle temperature
medie nel mese di
gennaio (indicate dalle
linee nere, isoterme).
La forma che produce
cianuro (rappresentata
dalla parte rossa nei
cerchi) è più frequente
nelle regioni con
temperature più elevate.
Figura 1
Il pollice opponibile del panda
(Ailuropoda melanoleuca) rappresenta
un adattamento evolutivo di una struttura
preesistente.
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