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La selezione naturale
Anche se i fattori analizzati nel paragrafo prece-
dente incrementano la variabilità dei pool genici, e
quindi indirettamente favoriscono l’evolversi delle
popolazioni, non vi è dubbio che la
principale forza
evolutiva è la selezione naturale
.
La selezione naturale viene definita come “il tas-
so differenziale di sopravvivenza e di riproduzione
di genotipi diversi in una popolazione”. Nei primi
anni del Novecento alcuni genetisti vollero ridurre
l’importanza della selezione naturale. A loro parere
erano le mutazioni a determinare la direzione dei
processi evolutivi: la selezione naturale aveva solo
il compito di “eliminare” gli individui portatori di
mutazioni sfavorevoli. Ma questa operazione di
“pulizia” ridurrebbe, a lungo termine, la variabilità
nelle popolazioni selezionate, con effetti deleteri
sulla loro ulteriore possibilità di evolvere. Non solo
questo con ogni evidenza non è avvenuto, ma gli
studi di genetica delle popolazioni hanno ridato al-
la selezione il ruolo che le spetta: quello di “creare
organismi adatti”. A differenza delle mutazioni e
degli altri fattori analizzati nei precedenti paragra-
fi, che sono casuali, la selezione naturale ha sempre
valore adattativo
, perché determina la direzione
dei processi evolutivi premiando i fenotipi van-
taggiosi a scapito di quelli svantaggiosi. Di conse-
guenza ogni individuo è sottoposto a una
pressione
selettiva
orientata, che ne determina la sorte finale.
La selezione inoltre contribuisce a determinare
la
fitness
(o
successo riproduttivo
) di ogni indi-
viduo della popolazione. Nella genetica delle po-
polazioni la fitness
rappresenta il contributo di un
individuo al pool genico della generazione succes-
siva ed esprime la diversa probabilità di riprodursi
dei genotipi presenti nella popolazione. Dipende
sia dalla prolificità dell’individuo sia dalla capaci-
tà di sopravvivenza della prole: se per esempio un
animale possiede degli alleli letali o produce figli
sterili, la sua fitness
è zero. Se invece possiede ca-
ratteristiche molto vantaggiose, la sua
fitness sarà
superiore alla media.
5.1
La selezione naturale non
riduce la variabilità
Come mai la selezione naturale non riduce la va-
riabilità genetica nelle popolazioni? In primo luogo
occorre tener presente che la selezione agisce sui
fenotipi, non direttamente sui genotipi: la
diploidia
permette agli organismi di “nascondere” al loro in-
terno un gran numero di alleli recessivi che, compa-
rendo nel fenotipo solo in condizione di omozigosi,
sono poco soggetti a selezione. Spesso inoltre la
selezione è un
fattore limitante frequenza-dipenden-
te
(nel caso, per esempio, della predazione e della
competizione), per cui agisce con più intensità sugli
individui presenti in maggior numero nella popo-
lazione; in assenza di selezione questi esemplari,
magari perché più abili nel riprodursi, tendereb-
bero nel tempo a sostituirsi agli altri, riducendo la
variabilità genetica: la selezione invece preserva la
varietà di forme (
13
). Quando la selezione man-
tiene stabile la frequenza degli alleli nel pool geni-
co di una popolazione per lunghi periodi di tempo,
è detta
selezione bilanciante
.
In questi casi nella
popolazione si viene a instaurare un
polimorfismo
bilanciato
, che consiste nella presenza di due o più
forme fenotipiche alternative (vedi
SCHEDA 3
).
Figura 13
Esempi di
variabilità in diverse
specie.
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