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sintesi
Concetti, definizioni, termini e dati fondamentali
Masse magmatiche
sono presenti all’interno della
crosta e nelle parti superiori del mantello; esse posso-
no solidificare in profondità, generando dei corpi intrusivi
chiamati plutoni, oppure possono risalire fino a raggiun-
gere la superficie producendo lave, gas e frammenti di
materiale solido.
I plutoni
di composizione acida si formano per
ana-
tessi
crostale e possono raggiungere dimensioni gigan-
tesche (
batoliti
): essi si formano in zone in cui si ha un
aumento di temperatura provocato da fenomeni com-
pressivi che causano il sollevamento delle montagne.
Il meccanismo eruttivo
si innesca quando la pressio-
ne dei gas presenti nel magma vince la pressione litosta-
tica esercitata dalle rocce sovrastanti e in particolare del
“tappo” di materiale solidificato nel camino vulcanico,
residuo dell’eruzione precedente. La frantumazione del
tappo permette l’ulteriore liberazione di gas: le bolle in
risalita all’interno del magma facilitano la fuoriuscita del
materiale. Il meccanismo è ciclico: una volta esaurita la
potenza dei gas, l’eruzione cessa e il materiale all’interno
del condotto solidifica, formando un nuovo tappo.
Il tipo di attività
di un vulcano dipende dalla compo-
sizione chimica del magma. Se il magma è acido, quindi
viscoso, il tipo di attività è tipicamente esplosiva, se il
magma è basico, quindi fluido, l’attività è effusiva.
L’attività eplosiva produce i
piroclasti
, frammenti di va-
ria dimensione generati sia dalla frantumazione di parti
dell’edificio vulcanico, sia dallo sminuzzamento del mag-
ma stesso.
I meccanismi di accumulo del materiale espulso dall’eru-
zione possono essere di tre tipi.
a) Nel meccanismo di
caduta gravitativa
i piroclasti
vengono lanciati verso l’alto e poi ricadono al suolo, rico-
prendo il terreno con depositi più sottili via via che ci si
allontana dal centro di emissione.
b) Il meccanismo di
flusso piroclastico
genera nubi ar-
denti formate da gas, con abbondante materiale pirocla-
stico incandescente in sospensione. I frammenti deposi-
tati si saldano a caldo, formando tipiche rocce chiamate
ignimbriti, che tendono a colmare le asperità topografiche.
c) Il meccanismo di
ondata basale
genera flussi di gas
con quantità modesta di piroclasti che procedono raso-
terra, radialmente, a notevole velocità lungo i pendii del
vulcano. Si generano quando acqua di falda penetra nel-
la camera magmatica provocando una violenta eruzione
detta freato-magmatica. I depositi di ondata basale sono
ben stratificati e si ispessiscono in corrispondenza delle
depressioni topografiche.
L’attività effusiva
produce delle colate laviche che
possono raggiungere notevoli distanze dal centro di
emissione. Non si ha evidenza di vere e proprie colate
laviche acide poiché, a causa della loro viscosità, tendo-
no a solidificare in prossimità del centro di emissione,
formando strutture di ristagno.
Le lave prodotte da questo tipo di attività possono esse-
re
subaeree
o
subacquee
.
Le eruzioni si definiscono centrali
quando la lava
fuoriesce da un cratere. La forma dell’edificio vulcanico
che ne risulta dipende dal tipo di attività e, in ultima ana-
lisi, dalla composizione chimica del magma. Se l’attività
è di tipo effusivo si possono generare
vulcani a scu-
do
quando la lava è di composizione basaltica, oppure
strutture tipo
duomi di lava
o
protrusioni solide
se le
lave sono acide. Per contro, un tipo di attività tipicamen-
te esplosiva può generare edifici con pendii molto ripidi
chiamati
coni di scorie
. Molti vulcani hanno un’attività
sia esplosiva, sia effusiva: l’edificio risultante si chiama
stratovulcano
o
vulcano composito
ed è il tipico cono
formato da alternanze di strati di colate laviche e di piro-
clastiti.
Le eruzioni si definiscono lineari
quando il magma
fuoriesce da una frattura e produce plateaux.
Il vulcanismo secondario
indica la presenza di fe-
nomeni collaterali alle eruzioni: si tratta di emissioni di
gas e vapori dall’edificio vulcanico stesso oppure nelle
vicinanze, provocate dalla presenza di magma caldo nel
sottosuolo.
Un’eruzione vulcanica non si può prevedere.
Si
possono solo individuare dei fenomeni premonitori e
delle aree a rischio. Il
rischio vulcanico
è il prodotto tra
la probabilità che avvenga un determinato fenomeno vul-
canico e i danni che esso provocherebbe. In Italia ci sono
delle zone ad alto rischio: Etna, Vesuvio, Stromboli, Vul-
cano, Ischia e Campi Flegrei.
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