In questo momento sul Vesuvio non si re-
gistra il benché minimo segno di ripresa
dell’attività, pur trattandosi di un vulcano an-
cora attivo, complesso e tra i più pericolosi
del mondo. Oggi il suo condotto è ostruito
e il vulcano si trova in uno dei suoi maggiori
periodi di
quiescenza
. Questo periodo di ri-
poso verrà certamente interrotto da un’eru-
zione. Più la fase quiescente sarà lunga e più
l’eruzione sarà violenta. Per questo motivo è
necessario valutare con precisione il livello
della sua pericolosità per essere pronti ad af-
frontare con criterio, senza facili fatalismi o
rassegnazione, una ripresa dell’attività. Que-
sto è l’obiettivo del piano di emergenza re-
datto da una commissione della Protezione
Civile di cui ci occupiamo in questa Sche-
da. Prima di elaborare un qualsiasi piano di
emergenza bisogna conoscere la storia del
vulcano, con particolare riferimento ai tipi
di eruzioni da cui è stato caratterizzato e dal
loro grado di pericolosità.
Il Vesuvio nel corso della sua evoluzione ha al-
ternato tranquilli episodi effusivi a catastrofici
episodi esplosivi. I tipi di attività che si sono
succeduti nel tempo si possono suddividere
in tre tipologie a pericolosità crescente.
1)
Attività effusiva
caratterizzata dall’emis-
sione di piccole quantità di magma con co-
late di lava e da coni di scorie. Essa ha ca-
ratterizzato il periodo più recente dal 1631
al 1944.
2)
Attività media
in cui prevalgono le fasi
esplosive con emissione di pomici, pirocla-
sti, nubi ardenti e colate di fango. Come
esempio viene presa l’eruzione del 1631.
3)
Attività esclusivamente esplosiva
con
emissioni di pomici, nubi ardenti, ondate ba-
sali e colate di fango. Sono coinvolti grandi vo-
lumi di magma e i tempi di quiescenza sono
molto lunghi e superiori ai 100 anni. Come
esempio viene presa l’eruzione del 79 d.C.
Poiché è impensabile redigere un piano
diverso per ogni tipo di eruzione, bisogna
scegliere a quale tipologia adattare il piano.
Realisticamente, considerando i tempi di ri-
torno delle eruzioni del passato, c’è buona
probabilità di assistere nei prossimi 15-20
anni ad un’eruzione simile a quella del 1631,
che viene quindi presa come termine di rife-
rimento. L’inizio dell’attività di solito è pre-
ceduto da una serie di fenomeni precursori
che nel 1631 si sono registrati ben 15 giorni
prima dell’eruzione. Allora non erano a di-
sposizione gli strumenti che possediamo
oggi. È verosimile quindi ritenere che oggi
questi fenomeni possano essere rilevati,
studiati e interpretati precocemente. I fian-
chi del vulcano infatti sono costantemente
monitorati da sistemi di reti sismologiche e
attraverso misure in situ e in laboratorio si
rilevano dati sulla composizione e sulla tem-
peratura dei gas emessi dalle fumarole. Gli
studi coordinati dall’Osservatorio Vesuviano
mirano a ricostruire la struttura interna del
vulcano, la profondità del serbatoio magma-
tico (circa 10 km) e i movimenti del magma
in profondità, possibilmente correlandoli
con i fenomeni premonitori. Vengono inoltre
effettuate delle simulazioni al computer che
permettono di studiare i possibili percorsi
delle nubi ardenti, le aree soggette a ricadu-
ta di ceneri e lapilli a seconda della velocità e
della direzione del vento, identificando quali
sono i centri abitati più a rischio (
1
).
Tuttavia l’unica vera difesa che permette di
mettere in salvo la popolazione è l’evacua-
zione prima dell’inizio dell’eruzione.
Il piano di emergenza prevede due aree di
intervento.
1)
Zona ad alto rischio
: riguarda 18 comuni
dell’area circumvesuviana, tutti della provin-
cia di Napoli. Per gli abitanti di questi centri
si prevede l’evacuazione totale con alloggio
al di fuori della regione Campania attraver-
so forme di gemellaggio con tutte le regioni
italiane.
2)
Zona a rischio moderato
: questa zona
sarà presumibilmente interessata dalla sola
ricaduta di ceneri e comprende 59 comuni
delle province di Napoli e Salerno. Si preve-
de l’evacuazione di parte della popolazione,
da decidere al momento in funzione di para-
metri che non sono valutabili con precisione
a priori, quali la direzione e la velocità del
vento.
Un punto fondamentale del piano di emer-
genza è l’informazione alla popolazione che
deve fare in modo che i cittadini conoscano
le caratteristiche del rischio che grava sul
territorio in cui vivono e che essi vengano
informati su come le istituzioni si sono pre-
parate a gestire l’evento per salvaguardare la
loro incolumità. Inoltre si prevede che nelle
scuole e tramite i mass media si fornisca-
no informazioni sul comportamento corretto
che ognuno deve tenere, anche nei confron-
ti degli altri, per limitare i danni.
S
cheda
8
Il piano di emergenza per il Vesuvio
Figura 1
La carta indica
le aree che potrebbero
essere ricoperte da
spessori maggiori di
materiale piroclastico
nel caso di una prossima
eruzione del Vesuvio.
Le frecce indicano le
possibili direzioni di flussi
piroclastici, ondate basali
e lahar.
Pomigliano
d’Arco
Ottaviano
Terzigno
Napoli
Torre
del Greco
Torre
Annunziata
massimo spessore
di materiale piroclastico
moderato spessore
di materiale piroclastico
possibile direzione dei flussi
piroclastici, ondate basali e lahar
centri abitati
0
10
chilometri
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