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Il rischio vulcanico
Le pendici dei vulcani sono da tempo immemorabi-
le costellate di insediamenti umani: il motivo prin-
cipale di questo comportamento apparentemente
insensato è la fertilità dei suoli vulcanici, causata
dall’abbondanza di sali minerali (di potassio, ferro,
calcio, magnesio ecc.) presenti nei materiali erutta-
ti. A volte, invece, semplicemente ci “si dimentica”
di avere un vulcano vicino a casa: i tempi dei vulcani
sono diversi rispetto ai tempi umani, e può capitare
che molte generazioni non vedano con i loro occhi
il vulcano in azione.
Non essendo ipotizzabile l’eliminazione degli
insediamenti umani, ormai millenari, presenti nei
pressi dei vulcani, per poter garantire un accettabile
livello di sicurezza è essenziale valutare la pericolo-
sità della situazione. Per questo i vulcanologi hanno
individuato un parametro di riferimento, il
rischio
vulcanico
, che può essere definito come il
valore
atteso di perdite
(morti, feriti, danni alle proprietà e
alle attività economiche), in una particolare area e
in un determinato periodo di tempo, conseguente a
un’eruzione di una certa intensità.
Il valore di tale rischio si può calcolare con
l’equazione:
R
=
P
·
V
·
E
dove:
R
indica il
Rischio
, in questo caso vulcanico;
P
è la
Pericolosità
, ossia la probabilità che un’eru-
zione di una determinata intensità si verifichi, in
una data area, entro un certo periodo di tempo;
V
è la
Vulnerabilità
di un elemento (persona, edifi-
cio, attività economica ecc.), ossia la propensione a
subire danneggiamenti in conseguenza dell’eruzio-
ne (è sempre alta nel caso di eruzioni);
E
è l’
Esposizione
ossia il numero di individui
e di strutture a rischio presenti in una data area.
Quest’ultimo è un fattore di grande importanza:
per fare un esempio, il rischio è molto minore per
i vulcani dell’Alaska, che si trovano in zone a bassa
densità di popolazione, piuttosto che per il Vesuvio,
nei cui dintorni vivono circa 800 mila persone.
Oltre al rischio vulcanico, in questo modo può es-
sere calcolato qualsiasi tipo di rischio riguardante il
territorio (rischio di terremoto, di alluvione, di fra-
na, di valanga, di incendio boschivo ecc.).
10.1
Il rischio vulcanico in Italia
In Italia l’uso del territorio adiacente ai vulcani non
ha tenuto conto della loro pericolosità, cosicché ci
troviamo a fronteggiare situazioni di alto rischio.
Naturalmente non tutti i vulcani italiani presentano
lo stesso livello di rischio che, come abbiamo detto,
dipende da vari fattori. Sebbene alcuni studiosi ri-
tengano che non si possa mai considerare del tutto
estinto un vulcano, nel nostro Paese sono conside-
rati
estinti
i vulcani la cui ultima eruzione risale a
oltre 10 000 anni fa: Monte Amiata, Vulsini, Ci-
mini, Vico, Sabatini, Isole Pontine, Roccamonfina,
Vulture. Sono invece considerati
attivi
quei vulcani
che hanno prodotto eruzioni negli ultimi 10 000
anni: Colli Albani, Campi Flegrei, Ischia, Vesu-
vio, Salina, Lipari, Vulcano, Stromboli, Etna, Isola
Ferdinandea. Solo Stromboli ed Etna sono in
atti-
vità persistente
, cioè sono caratterizzati da eruzioni
continue o intervallate da brevi periodi di riposo,
dell’ordine di mesi o di pochissimi anni. Tutti que-
sti vulcani attivi possono produrre eruzioni in tem-
pi brevi o medi.
Il Dipartimento della Protezione Civile svolge
attività volte a ridurre il rischio vulcanico sul ter-
ritorio italiano, adottando le misure opportune per
ridurre le perdite di vite umane e di beni in caso di
eruzione.
Tali attività sono di tre tipi:
sorveglianza
dei
vulcani e
previsione
delle eruzioni;
prevenzione
del rischio vulcanico;
difesa
dalle eruzioni e
gestio-
ne
delle emergenze.
Sorveglianza
e
previsione
: la sorveglianza dei
vulcani italiani è condotta e coordinata dall’
Isti-
tuto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
(
INGV
), attraverso le proprie Sezioni preposte
al monitoraggio vulcanico: Sezione di Napoli-
Osservatorio Vesuviano, Sezione di Catania, Se-
zione di Palermo. In particolare l’Osservatorio
Vesuviano, che si occupa di monitorare Vesuvio,
Campi Flegrei, Ischia e Stromboli, è il più antico
osservatorio vulcanologico del mondo, fondato
nel 1841 da Ferdinando II di Borbone. La sor-
veglianza si effettua per mezzo di reti di moni-
toraggio che rilevano una serie di parametri fisi-
co-chimici indicativi dello stato del vulcano e la
loro variazione. Prevedere un’eruzione vulcanica
significa indicare dove e quando avverrà e di che
tipo sarà. Premesso che non è possibile sapere con
certezza quando e in che modo avverrà un’eru-
zione, è comunque possibile effettuare previsioni
a breve termine grazie al riconoscimento e alla
misurazione degli eventi che accompagnano la
risalita del magma verso la superficie, i
fenome-
ni precursori
: terremoti (anche di lieve entità),
bradisismi, rigonfiamenti dei fianchi del vulcano
(misurati con precisione dai satelliti), variazioni
dei campi gravitazionale e magnetico nei pressi
dell’edificio vulcanico, cambiamenti di composi-
zione delle emanazioni gassose dai crateri e dal
suolo, variazioni del livello e delle caratteristiche
delle acque di falda. Un altro importante contri-
buto è dato dagli studi geofisici volti a definire
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