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Giuseppe Ungaretti
Senza patria

La sofferenza di chi, nel presente come nel passato, è stato costretto a lasciare il proprio paese è duplice: alla nostalgia e al dolore per la perdita del paese natio si accompagna anche il timore di perdere la propria cultura d’origine e la difficoltà di inserirsi in una realtà diversa.
I versi di Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto 1888 - Milano 1970), dedicati al suo compagno di studi Moammed Sceab morto suicida, vogliono appunto far riflettere sul senso di profonda solitudine e sradicamento che prova chi, per diversi motivi, non ha più una patria.

In memoria

 

  Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
5 suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
10 Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
15 dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
20 il canto
del suo abbandono
L’ho accompagnato1
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
25 a Parigi
dal numero 5 della rue2 des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d’Ivry
30 sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta3 fiera
35 E forse io solo
so ancora
che visse

G. Ungaretti, Vita d’un uomo, in Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 1992