Omero
In viaggio con Ulisse
Odissea significa “le peripezie di Odisseo”, nome greco di Ulisse. Poiché il suo viaggio di ritorno a Itaca dopo la distruzione di Troia è stato lungo e difficoltoso, siamo soliti definire tutti i viaggi o le vicende tormentate come delle odissee.
Nei versi che seguono puoi leggere come l’eroe greco venga ancora una volta ostacolato nel suo desiderio di ritorno a Itaca, la terra natia; Scilla e Cariddi, mostri collocati ai due lati dello stretto di Messina, mettono infatti a repentaglio la sua vita e lo sospingono lontano...
Scilla e Cariddi
|
Ulisse, scultura del I secolo d.C.
|
235 |
Da una parte era Scilla, dall’altra la divina Cariddi1
paurosamente ingoiava l’acqua salsa2 del mare;
ma quando la vomitava, come su grande fuoco caldaia,
tutta rigorgogliava sconvolta3 dall’alto la schiuma
pioveva giù, sulle cime d’entrambi gli scogli. |
240 |
E quando ancora ingoiava l’acqua salsa del mare
tutta sembrava rimescolarsi di dentro, e la roccia
rombava terribile4; in fondo la terra s’apriva,
nereggiante di sabbia5. Verde spavento6 prese i compagni.
Guardavamo Cariddi, paventando7 la fine. |
245 |
E proprio in quel punto Scilla ghermì8 dalla concava nave
sei compagni; i più vigorosi per la forza del braccio.
Mi volsi all’agile nave e ai compagni;
ma potei solo scorgere braccia e gambe lassù,
sollevate nell’aria: mi chiamavan gridando |
250 |
invocando il mio nome - per l’ultima volta - angosciati.
Così il pescatore su un picco9, con la lenza lunghissima
insidia ai piccoli pesci l’esca gettando,
butta nel mare il corso di bove selvatico10,
poi, preso un pesce, lo scaglia fuori guizzante; |
255 |
come guizzavano quelli, tratti su per le rocce.
E sulla bocca dell’antro se li divorò, che gridavano
e mi tendevan le mani nell’orrendo macello:
fu quella la cosa più atroce ch’io vidi con gli occhi,
fra quanti orrori ho affrontato, le vie del mare cercando. |
Omero, Odissea, traduzione di R. Calzetti Onesti, Einaudi, Torino, 1963
|