Giuramento

L’importanza del giuramento (hórkos) in Grecia è strettamente proporzionale alla scarsa diffusione della scrittura: sinché l’oralità fu dominante (cioè almeno sino al IV secolo a.C.) il giuramento costituì, anche in virtù del suo valore religioso, la più diffusa e impegnativa forma di garanzia fornita per ogni sorta di patto fra privati o fra poleis.

Protettore del giuramento era considerato lo stesso Zeus, che veniva chiamato a testimone e garante, e a cui si riconosceva il diritto di punire lo spergiuro; chiunque si sottoponesse a giuramento offriva così la propria persona ad una sorta di ‘ordalìa anticipata’ (Benveniste), consacrando se stesso – come esprime il termine latino sacramentum – a una potenza suprema.

Il greco hórkos, invece, è in origine esso stesso questa sacra e terribile potenza che s’invoca a testimone, arbitro ed eventualmente giudice della promessa sottoposta a giuramento. Per gli dèi rappresentati da Omero, era costume invocare – come «il più grande giuramento (hórkos)» – l’acqua dello Stige, fiume dell’Ade. Esiodo personifica tale arcana potenza nella figura di Horkos, figlio della Notte incaricato di punire gli spergiuri (Teogonia, 231 s.).

In Grecia come a Roma, dato il carattere strutturalmente orale del giuramento, era di grande importanza la ripetizione letterale, da parte di chi contraeva l’impegno, delle parole esatte esprimenti il contenuto del giuramento stesso; di qui la ferrea formalizzazione della pratica in stilemi di carattere pressoché invariabile.

[Federico Condello]