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Giovanni Boccaccio
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La vita
La parola all’autore
Nostalgia di Napoli nel Ninfale d’Ameto
Dopo la felice stagione napoletana, Boccaccio vive il ritorno a Firenze non come un rimpatrio, ma come
un esilio, come risulta anche da alcuni versi del
Ninfale d’Ameto
(cominciato a Napoli e portato a termine a
Firenze nel 1341), nei quali paragona l’elegante piacevolezza napoletana con la fredda tristezza fiorentina.
Lì non si ride mai, se non di rado;
la casa oscura e muta e molto trista
me ritiene e riceve, mal mio grado,
dove la cruda e orribile vista
d’un vecchio freddo, ruvido e avaro
ognora con affanno più m’atrista,
sì che l’aver veduto il giorno caro
e ritornare a così fatto ostello
6
rivolge ben quel dolce in tristo amaro.
Ma pensi chi ben vede, se penoso
esser dovei e con amaro core,
quel loco
1
abandonando grazïoso.
Quivi biltà, gentilezza e valore,
leggiadri motti, essemplo di virtute,
somma piacevolezza è con amore;
quivi disio movente omo a salute
2
,
quivi tanto di bene e d’allegrezza
quant’om ci pote aver
3
, quivi compiute
le delizie mondane, e lor dolcezza
si vedeva e sentiva; e ov’io vado
4
malinconia e etterna gramezza
5
.
1.
quel loco:
Napoli (poco più avanti: «Quivi»).
- 2.
quivi ... salute:
qui a Napoli, regnano desideri che inducono a cercare nobili piaceri.
- 3.
quant’om ...
aver:
quanta se ne può avere.
- 4.
ov’io vado:
a Firenze (poco più avanti: «Lì»).
- 5.
gramezza:
infelicità.
- 6.
ostello:
albergo, soggiorno.
to
), il poemetto didascalico-allegorico
Amorosa
visione
, il «romanzo psicologico»
Elegia di ma-
donna Fiammetta
e il poemetto mitologico in ot-
tave
Ninfale fiesolano
.
Poco si conosce della vita di Boccaccio in questi
anni, se si eccettuano alcuni suoi tentativi per ot-
tenere una più stabile e confortante sistemazio-
ne – tra cui quello fallito di tornare a Napoli – e
i soggiorni presso la corte di Ravenna (1346) e a
Forlì (1347-1348).
La pestilenza del 1348 e la stesura del
Decameron
Nel 1348 Boccaccio è certamente
a Firenze, dove assiste alle terribili devastazio-
ni della
peste
(descritta nell’introduzione al
De-
cameron
), che causa anche la morte di numerosi
amici e familiari dello scrittore, tra i quali il pa-
dre e la matrigna.
Fra il 1349 e il 1351 Boccaccio scrive il suo ca-
polavoro, il
Decameron
, grandioso affresco della
società del suo tempo che prende avvio proprio
dalla disastrosa epidemia.
Dopo la peste, Boccaccio, ormai diventato un in-
tellettuale prestigioso e un personaggio influente
della vita cittadina, viene incaricato dal comune
di importanti
ambascerie
per cercare appoggi
contro i Visconti di Milano. Nel 1350, a Raven-
na, incontra suor Beatrice, la figlia di Dante, alla
quale consegna da parte di Firenze dieci fiorini
d’oro, come simbolico risarcimento dei danni su-
biti dalla famiglia. Qualche anno dopo si recherà
anche ad Avignone per informare papa Innocen-
zo VI sulla posizione dei fiorentini riguardo alla
calata dell’imperatore Carlo IV in Italia.
Intanto, nel 1350, Boccaccio ha conosciuto a Fi-
renze
Francesco Petrarca
, in pellegrinaggio a
Roma in occasione del giubileo, e ha avviato con
lui un
sodalizio intellettuale
destinato a dura-
re fino alla morte del poeta aretino. Nel 1351,
Boccaccio è a Padova ospite di Petrarca; al ritor-
no a Firenze, invia all’amico una copia della
Di-
vina Commedia
.
Gli studi eruditi e i contatti con Petrarca
Dopo il
Decameron
, Boccaccio si dedica soprat-
tutto agli
studi di erudizione
e alla composizio-
ne di
opere in latino
. Sono da ricordare il
Buco-
licum carmen
(scritto fra il 1346 e il 1367), com-
posto da sedici ecloghe pastorali in cui vengo-
no trasfigurate anche vicende autobiografiche, e
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