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Medici e pazienti: la malattia e la cura
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A. Cˇ echov, Reparto n. 6
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Anton Cˇ echov,
Reparto n. 6
Reparto n. 6
Negli ospedali russi il reparto n. 6 era quello dove
venivano internati i malati di mente. A questo repar-
to il medico e scrittore Anton Cˇ echov (1860-1904)
dedica uno dei suoi racconti più celebri, più cupi e
controversi. Uscito in rivista nel novembre del 1892,
il racconto narra la storia del dottor Ragin che, di-
venuto direttore di un tetro e squallido ospedale di
provincia, perde progressivamente speranze e fidu-
cia fino a essere internato come malato di mente nel
reparto psichiatrico, dove morirà picchiato a sangue
da un brutale inserviente addetto ai pazienti.
L’esperienza di medico, professione che Cˇ echov con-
tinuò ad esercitare per tutta la vita anche quando or-
mai era scrittore e drammaturgo di successo (ormai
agiato confessava: «Ho molti amici e di conseguen-
za molti clienti. Una metà li curo gratis, l’altra me-
tà mi paga cinque o tre rubli a visita»), conferisce
maggior realismo al racconto, dando una sfumatura
autobiografica alle amare considerazioni del prota-
gonista. Del lungo racconto riportiamo qui le pagine
di apertura, che presentano il dottor Ragin e l’am-
bientazione della vicenda.
Singolare diceria!
Il dottor Andej Efimycˇ Ragin è, nel suo genere, un uomo non comune. Dicono che nella pri-
ma gioventù egli fosse molto devoto, tanto da aver l’intenzione di seguir la carriera ecclesia-
stica; e che infatti, terminati nel 1863 i suoi studi ginnasiali, volesse entrare in seminario; se il
padre, dottore in medicina e chirurgo, non lo avesse acerbamente schernito, e non gli avesse
dichiarato categoricamente che non lo avrebbe più considerato suo figlio, nel caso che egli si
fosse fatto pop
1
. Quanto ci sia di vero in tutto questo, non saprei; ma Andrej Efimycˇ, di pro-
pria bocca, ha confessato più d’una volta di non aver mai sentito alcuna vocazione per la me-
dicina e per le scienze in genere.
Comunque fosse, terminati gli studi alla facoltà di medicina, egli non indossò l’abito talare.
Gran devozione, non ne dava vedere, e fin d’allora, al principio della sua carriera medica, ave-
va tanto poco del sacerdote, quanto adesso.
La sua figura è pesante, grossolana, contadinesca; con quel viso, con quella barba, con quei ca-
pelli piatti, e con quella solida, goffa complessione
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, ricorda un oste di strada maestra, mangio-
ne intemperante e sgarbato. Ha il viso duro, ricoperto di venuzze turchine; gli occhi piccoli; il
naso rosso. Alto di statura e largo di spalle, ha pure mani e piedi da colosso: si direbbe che se
t’agguanta col pugno, ti conviene sputar l’anima. Ma il passo lo ha leggero e l’andatura discre-
ta, furtiva; se lo incontri in un corridoio stretto, è sempre lui il primo a soffermarsi, per cedere
il passo, e anziché con un timbro di basso (come ci s’aspetterebbe), ti dice con un’esile mor-
bida voce tenorile: «Scusatemi!». Sul collo ha un’escrescenza non grossa, ma che gl’impedisce
di portar colletti inamidati, cosicché usa andar sempre in camicia di tela o di percalle
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alla Ro-
bespierre
4
. E nell’insieme, il suo modo di vestire è tutt’altro che da dottore. Lo stesso abito, se
lo trascina indosso dieci anni di fila, e quando se ne fa uno nuovo (comprandolo, di solito, nel
negozietto di qualche ebreo), gli figura altrettanto logoro e sgualcito che se fosse vecchio; co-
sì pure, con la stessa giacca riceve i malati, mangia e va pei salotti: ma fa così non per avarizia,
bensì per una completa trascuranza del suo aspetto esteriore.
Allorché Andrej Efimycˇ era arrivato in questa città per espletarvi le sua mansioni, l’«istituto di
carità» si trovava in uno stato pietoso. Nelle corsie, nei corridoi e nel cortile dell’ospedale c’era
un fetore che mozzava il respiro. I contadini addetti all’ospedale, gl’infermieri e i loro figli dor-
mivano per le corsie mischiati ai malati. Era una lamentela generale che scarafaggi, cimici e to-
pi non davano scampo. Nel reparto chirurgico, non si riusciva a estirpare la resipola
5
. In tutto
l’ospedale c’erano soltanto due scalpelli e neppure un termometro; nei bagni ci tenevan le pa-
1.
pop:
pope, prete della Chiesa ortodossa.
2.
complessione:
costituzione.
3.
percalle:
tessuto di cotone.
4.
alla Robespierre:
con il collo largo e aperto, co-
me la portava Robespierre (1758-1794), uno dei pro-
tagonisti della Rivoluzione francese.
5.
resipola:
o risipola, infezione acuta della pelle.
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