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Giacomo Leopardi
La vita
padre, egli matura anche in campo politico un
in-
fiammato patriottismo
che, non potendosi espri-
mere nei fatti, ispira le canzoni
All’Italia
,
Sopra il
monumento di Dante
e
Ad Angelo Mai
, i primi testi
che confluiranno poi nei
Canti
.
Una prigione dorata
In questi anni, tutta-
via, il senso di isolamento e il disagio esistenzia-
le si acuiscono, accentuati da un doloroso deperi-
mento psicofisico e dalle pressioni dei parenti, che
vorrebbero indirizzarlo alla carriera ecclesiastica.
Sempre più oppresso dall’angusto ambiente fami-
liare, nel 1819 Leopardi progetta una vera e pro-
pria ‘fuga’ da Recanati, ma viene scoperto dal pa-
dre prima di poterla mettere in atto. Le sofferen-
ze personali aprono la strada alla riflessione filo-
sofica e nel 1819 una seconda ‘conversione’,
dal
«bello» al «vero»
, porta Leopardi ad abbraccia-
re le teorie materialistiche legate al meccanicismo
settecentesco.
Tra il 1819 e il 1823 si colloca un periodo di
inten-
sa creatività poetica
, che vede la stesura dei pri-
mi idilli (
L’infinito
,
La sera del dì di festa
) e di nuo-
ve canzoni filosofiche (
Bruto minore
,
Ultimo canto
di Saffo
,
Alla sua donna
). Diventa intanto più siste-
matica la stesura di un diario privato, lo
Zibaldo-
ne
, in cui si depositano appunti, note e pensieri di
vario genere.
Il soggiorno a Roma e il silenzio della poesia
Nel novembre del 1822 giunge finalmente la tan-
to sospirata occasione di uscire da quella «tomba
de’ vivi» che è Recanati: ospitato dallo zio mater-
no, il poeta si reca a Roma e vi si trattiene fino al
maggio del 1823. Tuttavia il viaggio tanto atteso
si rivela una
delusione
: Leopardi trova insulsa e
mediocre la mondanità dei salotti e anche l’auste-
ra monumentalità della città lo lascia indifferente.
Fallito il tentativo di ottenere un incarico presso
il governo pontificio, non gli resta che tornare a
Recanati, ormai convinto che il proprio senso di
malessere esistenziale non dipenda solo dal «na-
tìo borgo selvaggio», ma sia una
condizione uni-
versale e ineliminabile
, propria di tutti gli uomi-
ni e di ogni tempo.
Cadute le illusioni della prima giovinezza, anche la
vena poetica si inaridisce: tra il 1823 e il 1828 Leo-
pardi, abbandonata quasi completamente la stesura
di testi poetici, si impone una più organica rifles-
sione teorica sul significato dell’esistenza. Prende
forma così il progetto delle
Operette morali
, a cui
Leopardi lavora alacremente a partire dal gennaio
1824
e in cui si esprime in forma prosastica e ra-
ziocinante una nuova fase del suo pensiero.
Lontano da Recanati
Nel 1825 Leopardi si
stabilisce a
Milano
, grazie alla proposta dell’edito-
re Stella, il quale gli offre una serie di incarichi che
gli permettono di sostentarsi, senza però garantir-
gli una reale stabilità economica. Alla fine dell’an-
no il poeta si trasferisce a Bologna, dove pubblica
le prime canzoni.
Nel 1827 è a
Firenze
, dove trova sinceri e genero-
si estimatori nel circolo della «Antologia», uno dei
La parola all’autore
«Unico divertimento in Recanati è lo studio...: tutto il resto è noia»
Per il giovane Leopardi, l’amicizia con Pietro Giordani fu di grande sollievo e stimolo. A lui il poeta si ri-
volge in questa lettera del 1817 come a un amico sincero, confidando il suo senso di oppressione verso
un ambiente angusto e privo di attrattive, in cui l’unico rifugio è lo studio.
Iddio ha fatto tanto bello questo nostro mondo, tante cose belle ci hanno fatto gli uomini, tanti uomini ci so-
no che chi non è insensato arde di vedere e di conoscere, la terra è piena di meraviglie, ed io di dieciott’anni
potrò dire, in questa caverna
1
vivrò e morrò dove sono nato? [...] Unico divertimento in Recanati è lo studio:
unico divertimento è quello che mi ammazza
2
: tutto il resto è noia. [...] Veggo ben io che per poter continuare
gli studi bisogna interromperli tratto tratto
3
e darsi un poco a quelle cose che chiamano mondane, ma per far
questo io voglio un mondo che mi alletti e mi sorrida, un mondo che splenda (sia pure di luce falsa) ed abbia
tanta forza da farmi dimenticare per qualche momento quello che soprattutto mi sta a cuore, non un mondo
che mi faccia dare indietro a prima giunta
4
, e mi sconvolga lo stomaco e mi muova la rabbia e m’attristi e mi
forzi di ricorrere per consolarmi a quello da cui volea fuggire
5
.
1.
questa caverna:
l’espressione si riferisce sia al paese di Recanati sia al palazzo paterno.
- 2.
quello che mi ammazza:
lo studio, che rende instabile
la salute fisica del poeta.
- 3.
tratto tratto:
di tanto in tanto.
- 4.
dare indietro ... giunta:
tornare subito sui miei passi.
- 5.
quello ... fuggire:
appunto lo
«studio matto e disperatissimo».
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