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Iliade
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Non va che i guerrieri li mettano di nuovo in comune.
Ma tu ora cedi al dio questa; poi noi Achei
tre volte, quattro volte la riscatteremo, se Zeus
ci dia d’abbatter la rocca di Troia mura robuste”.
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Ma ricambiandolo disse il potente Agamennone:
“Ah no, per quanto tu valga, o Achille pari agli dèi,
non coprire il pensiero, perché non mi sfuggi né puoi persuadermi.
Dunque pretendi – e intanto il tuo dono tu l’hai – che così
io me ne lasci privare, e vuoi farmi rendere questa?
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Ma se mi daranno un dono i magnanimi Achei
adattandolo al mio desiderio, che faccia compenso, sta bene;
se non lo daranno, io stesso verrò
a prendere il tuo, o il dono d’Aiace, o quel d’Odisseo
prenderò, me lo porterò via: ah! s’infurierà chi raggiungo.
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Ma via, queste cose potremo trattare anche dopo:
ora, presto, una nave nera spingiamo nel mare divino,
raccogliamovi rematori in numero giusto, qui l’ecatombe
imbarchiamo, la figlia di Crise guancia graziosa
facciamo salire; uno dei capi consiglieri la guidi,
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o Aiace, o Idomeneo, oppure Odisseo luminoso,
o anche tu, Pelide, il più tremendo di tutti gli eroi,
che tu ci renda benigno, compiendo il rito, il Liberatore”.
Ma guardandolo bieco Achille piede rapido disse:
“Ah vestito di spudoratezza, avido di guadagno,
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come può volentieri obbedirti un acheo,
o marciando o battendosi contro guerrieri con forza?
Davvero non pei Troiani bellicosi io sono venuto
a combattere qui, non contro di me son colpevoli:
mai le mie vacche han rapito o i cavalli,
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mai a Ftia dai bei campi, nutrice d’eroi,
han distrutto il raccolto, poiché molti e molti nel mezzo
ci sono monti ombrosi e il mare sonante.
Ma te, o del tutto sfrontato, seguimmo, perché tu gioissi,
corte, ma a differenza di
ènax
si trova quasi sempre al plu-
rale (così come in Omero) e non è mai riferito agli dèi. Di
norma,
basileÖ©
è considerato, anche nella linguistica mi-
cenea, un termine più recente, ma soprattutto sembra lasciar
intendere una mutata concezione del potere, esercitato non
più da un signore assoluto, ma da una serie di capi accettati
come tali dagli aristocratici, loro pari per dignità. Un tipo di
sovranità, quindi, più simile a quella presumibile per l’epoca
di Omero e di fatto esercitata in questo modo dagli eroi stes-
si, soprattutto nelle assemblee di guerra. In greco classico la
parola avrà ampia diffusione, coprendo una vasta gamma di
caratterizzazioni politiche: il termine
basileÖ©
sarà adotta-
to per i tiranni della Sicilia, per Pisistrato, per l’arconte «re»
di Atene, per i re spartani e per tutti i re stranieri, con par-
ticolare riguardo per il re persiano,
basileÖ©
per eccellenza
negli storici dei secoli v e iv a.C.
L’etimologia di
basileÖ©
è incertissima (come nel caso di
ènax
) anche se la labiovelare iniziale, supposta nella tra-
slitterazione dal miceneo
qasirew
, può essere un labile in-
dizio di etimologia indoeuropea, mentre
wanax
potrebbe
essere un prestito orientale o un termine di sostrato, come
l’altrettanto antico
tÖranno©
, che in Omero non si trova
e potrebbe avere parentela etimologica con l’etrusco Turan
(nome di divinità). Il termine
tÖranno©
, solitamente tra-
dotto con «tiranno», «despota», non aveva in origine alcuna
connotazione negativa, ma era impiegato per designare una
persona che, in virtù di particolari doti personali e di un
elevato carisma, avesse saputo conquistarsi una posizione
di preminenza sociale e politica: la qualifica di
tÖranno©
,
dunque, non investiva direttamente né la sfera sacrale, poi-
ché non corrispondeva a precise competenze cultuali, né la
sfera istituzionale, poiché non dipendeva dall’assunzione di
ruoli politici codificati e tradizionali, che anzi il
tÖranno©
travalicava con il suo potere personale.
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