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viaggio all’inferno
L’oltretomba di Enea
Virgilio, Eneide VI, 237-247; 255-294
Appena giunto a Cuma, in Campania, Enea chiede alla Sibilla, profetessa del dio Apollo, di poter scen-
dere agli Inferi attraverso il passaggio del lago Averno, nella speranza di incontrare il padre defunto.
Dopo aver compiuto i riti necessari, attraverso l’ingresso presso il lago dalle acque nere Enea e la
sacerdotessa entrano nell’oltretomba.
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V’era una profonda grotta, immane di vasta apertura,
rocciosa, difesa da un nero lago e dalle tenebre dei boschi,
sulla quale nessun volatile poteva impunemente dirigere
il corso con l’ali; tali esalazioni si levavano
effondendosi dalle oscure fauci alla volta del cielo.
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[Da ciò i Greci chiamarono il luogo con il nome d’Aorno.]
Qui dapprima la sacerdotessa collocò quattro giovenchi
dalle nere terga e versò vino sulla loro fronte,
e strappando dalla sommità del capo setole in mezzo alle corna,
le pose sui fuochi sacri, prima offerta votiva,
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invocando con forza Ecate, potente nel cielo e nell’Erebo.
[…]
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Ed ecco, alla soglia dei primi raggi del sole,
la terra mugghiò sotto i piedi, i gioghi delle selve
cominciarono a tremare, e sembrò che cagne ululassero
nell’ombra all’arrivo della dea. «Lontano, state lontano,
profani» grida la veggente, e «allontanatevi da tutto il bosco;
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e tu intraprendi la via, e strappa la spada al fodero;
ora necessita coraggio, Enea, e animo fermo.»
Disse, ed entrò furente nell’antro aperto;
egli con impavidi passi s’affianca alla guida che avanza.
Dei, che governate le anime, Ombre silenti,
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e Caos e Flegetonte, luoghi muti nella vasta notte,
concedetemi di dire quello che udii, e per vostra volontà
rivelare le cose sepolte nella profonda terra e nelle tenebre.
Andavano oscuri nell’ombra della notte solitaria
e per le vuote case di Dite e i vani regni:
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quale il cammino nelle selve per l’incerta luna,
sotto un’avara luce, se Giove nasconde il cielo
nell’ombra, e la nera notte toglie il colore alle cose.
Proprio davanti al vestibolo, sull’orlo delle fauci dell’Orco,
il Pianto e gli Affanni vendicatori posero il loro covile;
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vi abitano i pallidi Morbi e la Triste Vecchiaia,
la Paura, e la Fame, cattiva consigliera, e la turpe Miseria,
terribili forme a vedersi, e la Morte, e il Dolore;
poi il Sonno, consanguineo della Morte, e i malvagi Piaceri
dell’animo, e sull’opposta soglia la Guerra apportatrice di lutto,
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e i ferrei talami delle Eumenidi, e la folle Discordia,
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