Dalla rivoluzione giottesca
Giotto, Compianto sul Cristo morto
(1303-1305)
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Giotto,
Compianto sul Cristo morto
, 1303-
1305, affresco. Padova, Cappella degli
Scrovegni.
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Giotto,
Compianto sul Cristo morto
,
particolare: il volto della Madonna e del Cristo.
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Bonaventura Berlinghieri,
Pala di San
Francesco
, 1235, tavola lignea dipinta. Pescia,
Chiesa di San Francesco.
4
Giotto,
Presepe di Greccio
, 1292-1300 ca.,
affresco. Assisi, Basilica di San Francesco,
Chiesa Superiore.
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Gli angeli, nel cielo di un azzurro
che riproduce la realtà naturale,
ripetono gli stessi gesti di dolore
e sconforto delle figure in basso,
in tal modo amplificandoli.
Il paesaggio non è più
concepito come un
semplice sfondo, ma
diventa parte integran-
te della composizione.
La rappresentazione delle fisionomie individuali è
qui portata ai suoi massimi livelli, in un vero e pro-
prio studio di variazioni sull’espressione del dolo-
re, con un massimo di intensità nel volto di Maria:
la pittura, da evocazione, diventa narrazione.
Il chiaroscuro evoca realisticamen-
te i volumi dei corpi, isolando le
figure singole e i gruppi in forme
salde e compatte. Giotto porta così
a compimento, nella rappresenta-
zione della figura umana, il supe-
ramento dell’ascetica bidimensio-
nalità che la pittura altomedievale
derivava della tradizione bizantina.
Le due figure di donna presentate di schiena, oltre a suggerire
la profondità tridimensionale dello spazio, sembrano macigni
inamovibili nel loro dolore. È con Giotto che l’immagine dipin-
ta, per la prima volta, si svincola dall’appiattimento della su-
perficie e apre lo spazio fittizio della dimensione prospettica.
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