L’immigrazione negli Stati Uniti tra accoglienza e xenofobia

Sebbene nell’immaginario collettivo gli Stati Uniti costituiscano la «nazione di immigrati» per antonomasia, la xenofobia ha spesso prevalso nella società americana. Fin dal periodo coloniale, la disponibilità a ricevere chi aspirava a migliorare le proprie condizioni ed era alla ricerca della libertà religiosa e politica si è intrecciata alle istanze di selezionare e contenere gli arrivi. Salvaguardata dalle necessità economiche e dall’idealismo del Paese di destinazione, l’immigrazione perse la dimensione di massa con la legislazione del primo dopoguerra per poi recuperarla in parte, dopo l’abrogazione del sistema delle quote nazionali nel 1965, all’inizio del XXI secolo.

Si parlerà di:

  • Il periodo coloniale. Le colonie inglesi in America settentrionale rappresentarono differenti modelli non solo per i fattori di attrazione (religiosi soprattutto per il New England, economici per gli insediamenti del Centro e del Sud), ma anche per la ricezione degli immigrati (intolleranza nel Massachusetts, accoglienza nella Pennsylvania, almeno in un primo momento).

  • Dall’Indipendenza alla guerra civile. Il conseguimento dell’Indipendenza dalla Gran Bretagna rafforzò l’immagine degli Stati Uniti come terra della libertà politica, in particolare agli occhi degli esuli dei movimenti nazionalistici sconfitti in Europa, ma non soffocò atteggiamenti discriminatori nei confronti dei radicali.

  • I flussi di massa. A seguito soprattutto della decostruzione delle tradizionali società rurali, nel corso dell’Ottocento furono consistenti i flussi emigratori alla volta degli Stati Uniti provenienti dalle isole britanniche, dalla Germania e dalla Scandinavia. Dagli anni Ottanta, si aggiunsero quelli dall’Europa meridionale (moltissimi gli italiani) e dall’Europa orientale (specialmente ebrei in fuga da persecuzioni religiose).

  • Il restrizionismo. Con l’arrivo di milioni di persone considerate «indesiderabili», gli Stati Uniti approvarono misure volte a limitare gli accessi al Paese. Nel 1917, una prima legge immigratoria tentò, pur con risultati parziali, di ridimensionare tali flussi; maggiore successo ebbe la creazione negli anni Venti di un sistema di ingressi basato su quote nazionali.

  • L’abrogazione del sistema delle quote nazionali. Indotta principalmente da considerazioni di politica estera, la fine del sistema discriminatorio delle quote nazionali nel 1965 pose le basi per la trasformazione degli Stati Uniti nell’odierna società multietnica e multirazziale, sebbene questi mutamenti abbiano tardato a manifestarsi a causa della stagnazione economica degli anni Settanta.

  • L’immigrazione oggi. L’apertura multiculturale non sopì i sentimenti xenofobi. La crescente paura per la presenza nel Paese di «illegali» messicani e, dopo gli attentati del 2001, dell’infiltrazione di terroristi islamici, spinse all’attuazione di misure draconiane, come la costruzione di un «muro» lungo il confine statunitense meridionale o la stretta sorveglianza delle comunità musulmane.



Relatori


Stefano Luconi insegna Storia degli Stati Uniti d’America e Storia dell’America del Nord all’Università di Padova. Tra le sue pubblicazioni, La «nazione indispensabile». Storia degli Stati Uniti dalle origini a Trump (Mondadori, 2020) e «Nazione di immigrati» o «fortezza America»? Gli Stati Uniti e le minoranze etniche nel XXI secolo (Mondadori Education, 2024), scritta con Matteo Pretelli.

Matteo Pretelli è professore associato di Storia del Nord America presso l’Università di Napoli «L’Orientale». Si occupa di emigrazione italiana negli Stati Uniti e di relazioni tra Italia e Stati Uniti. È autore con Francesco Fusi di Soldati e patrie: i combattenti alleati di origine italiana nella Seconda guerra mondiale (il Mulino, Bologna 2022). Il suo ultimo libro, scritto con Stefano Luconi, è «Nazione di immigrati» o «fortezza America»? Gli Stati Uniti e le minoranze etniche nel XXI secolo (Mondadori Education, 2024).

 

Moderatore


Matteo Tasca, Redazione Umanistica Secondaria di secondo grado Mondadori Education

 

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«Nazione di immigrati» o «fortezza America»?

Stefano Luconi, Matteo Pretelli


Gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 hanno polarizzato lo scontro tra politiche di inclusione degli immigrati e norme xenofobe che ha caratterizzato gli Stati Uniti per tutta la loro storia. Tali orientamenti contrastanti hanno condizionato le quattro amministrazioni presidenziali che si sono succedute nell’ultimo quarto di secolo, bloccando possibili soluzioni legislative per la regolarizzazione degli immigrati irregolari e interferendo con l’accoglienza dei richiedenti asilo. Gli Stati Uniti restano una destinazione desiderata da chi ricerca opportunità economiche, è in fuga dall’intolleranza religiosa e aspira alla libertà politica. Ma la loro immagine di Paese disposto a ricevere queste persone si è negli ultimi tempi fortemente incrinata malgrado il consolidamento della loro trasformazione in una società multirazziale e multietnica, attestata dall’ascesa di minoranze quali gli ispanici e gli asiatici.
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