La fine delle ideologie? La guerra fredda culturale vista dall’Occidente

La guerra fredda non fu solamente una contesa sul piano militare tra Usa e Urss. Fin dall’immediato dopoguerra infatti si aprì anche un fronte culturale tra le due superpotenze. L’obiettivo era conquistare le ‘menti e i cuori’ della popolazione europea e, in prospettiva, mondiale, attraverso le armi della cultura e, nello specifico, i programmi culturali dispiegati e finanziati più o meno occultamente. La lezione metterà al centro il programma occidentale di guerra fredda culturale svoltosi tra il dopoguerra e gli anni Sessanta, evidenziando come la ‘libertà della cultura’ costituisse un caposaldo della propaganda delle democrazie occidentali contro il ‘mostro ideologico’ che si annidava nel blocco sovietico.

Si parlerà di:

  • La guerra fredda culturale. Sarà introdotto il concetto di «guerra fredda culturale» e la sua genesi nella Berlino dell’immediato dopoguerra, tra le manovre della Cia, da un lato, e del Cominform, dall’altro.

  • Conquistare le menti e i cuori dell’Europa: il Congress for Cultural Freedom. Verrà illustrata la nascita e i principali obiettivi del Congress for Cultural Freedom (CCF), la principale organizzazione transnazionale della guerra fredda culturale sul lato occidentale. 

  • «I capolavori del XX secolo» e Radio Free Europe. Saranno forniti alcuni esempi di guerra fredda culturale: la mostra «I capolavori del XX secolo» organizzata dal CCF nel 1952 a Parigi, che popolarizza l’espressionismo astratto, e Radio Free Europe, che diffonde il jazz in Europa. In entrambi i casi si trattava di promuovere queste forme di arte come occidentali in quanto libere e fuori dagli schemi, di contro all’arte ideologica sovietica.

  • La guerra fredda culturale globale. Il Congress for Cultural Freedom non fu operativo solo in Europa, ma disponeva di diramazioni nei principali centri di quello che iniziava a chiamarsi «Terzo Mondo». Il piano culturale della guerra fredda doveva cioè mostrare come l’Europa non fosse l’unica terra contesa dalle due superpotenze, specie in un periodo segnato dalla decolonizzazione.

  • Gli intellettuali della Nato e la fine dell’ideologia. Nel CCF si radunano i cosiddetti «intellettuali della Nato», i cui nomi più noti sono Raymond Aron, Michael Polanyi, Daniel Bell, ecc. Nel congresso di Milano del 1955 dichiarano la fine delle ideologie, ovvero il logoramento del modello culturale/sociale sovietico in quanto completamente asservito alla ‘verità ideologica’ del partito/regime, e il successo del modello occidentale, basato su democrazia e libertà della cultura.

  • Dalla fine dell’ideologia alla fine della storia. In conclusione, si mostrerà come nel 1989, a guerra fredda ormai conclusa, le tesi sulla fine dell’ideologia confluiscono nella formula «fine della storia» coniata dall’intellettuale statunitense Francis Fukuyama. Caduto il muro di Berlino, il modello politico, sociale e culturale della democrazia occidentale segna un trionfo che sembra privo di alternative.



Relatore


Michele Cento è ricercatore a tempo determinato di Storia contemporanea presso l’Università di Urbino. Insegna la stessa disciplina all’interno del programma Bologna Consortial Studies Program dell’Indiana University. È membro della redazione di «Ricerche di Storia Politica» (il Mulino) e del comitato scientifico della collana «l’Antidoto» (Viella). È autore di diversi saggi e volumi sulla storia intellettuale e politica di Europa e Stati Uniti. Per Mondadori Education, nel 2023 ha pubblicato L’ideologia atlantica. La delegittimazione politica dalla guerra fredda culturale al neoconservatorismo.

 

Moderatore


Matteo Tasca, Redazione Umanistica Secondaria di secondo grado Mondadori Education

 

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L'IDEOLOGIA ATLANTICA

Michele Cento


Allo scoppio della Guerra fredda, una rete di intellettuali atlantici individua nell’ideologia un demone che si annida nel mondo sovietico e che attraversa le stesse democrazie liberali occidentali. Aron, Bell, Kristol, Polanyi, Schlesinger, Shils – i più noti tra loro – accusano infatti l’ideologia di essere una «religione secolare», che ha dotato i totalitarismi di grandi narrazioni escatologiche, ma non solo. L’ideologia appare infatti connaturata alla nascita della politica moderna: all’apertura di un orizzonte di aspettative crescenti di cui si è storicamente nutrito lo stesso liberalismo. Depurarlo delle scorie dell’ideologia serve a socchiudere questo orizzonte e a delegittimare le domande di movimenti giovanili, femministi e afroamericani che stanno scuotendo dalle fondamenta le società del benessere e dei «Trenta Gloriosi». Dalle inquietudini del liberalismo alla fine delle ideologie nasce così il neoconservatorismo.
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