Il rapporto tra i dialetti e l’italiano contemporaneo
Gli obiettivi
A partire dall’ultimo dopoguerra e in misura più marcata dopo gli anni Ottanta del Novecento, l’italiano è divenuto progressivamente la lingua più usata dall’intera popolazione nazionale, non solo nello scritto ma anche nel parlato. Negli ultimi decenni, tuttavia, le indagini statistiche mostrano che si riduce sensibilmente solo l’impiego esclusivo del dialetto, mentre l’impiego alternato di lingua e dialetto tende ad ampliarsi. Cresce anche il ricorso all’italiano regionale, cioè a una varietà linguistica caratterizzata da elementi locali, che contribuisce all’aumento del numero di parole dialettali entrate nel lessico italiano contemporaneo.
Si parlerà di:
- La diffusione dell’italofonia. Nel 1951 la maggioranza degli italiani, circa il 60%, usava ancora soltanto il dialetto, mentre nei primi decenni del nuovo millennio l’uso esclusivo del dialetto è scomparso quasi del tutto.
- Il nuovo ruolo del dialetto. Nell’uso contemporaneo si registra la tendenza a riscoprire il valore espressivo ed emotivo del dialetto, e a servirsene specialmente in contesti informali, in famiglia o con gli amici.
- L’italiano regionale. Dal secondo Novecento in poi ha conosciuto una forte espansione l’italiano regionale, una varietà condizionata da tratti locali nella prosodia (o ‘cadenza’), nella fonetica e nel lessico.
- I dialettismi dell’italiano. Il superamento del tabù dialettale trova conferma nell’ingresso nell’italiano di nuove parole originarie di varie parlate locali, utilizzate per aggiungere sapore o brillantezza al discorso.
- L’italiano in movimento. Il recupero di elementi dialettali si inserisce nel più generale fenomeno della diffusione di aspetti tipici dell’oralità anche nell’italiano scritto e nei registri sorvegliati del parlato.
Relatore
Pietro Trifone insegna Storia della lingua italiana nell’Università di Roma «Tor Vergata». Accademico della Crusca, si è occupato della dialettica tra norma e uso, per esempio in Pocoinchiostro. Storia dell’italiano comune (Il Mulino, 2017). Con Luca Serianni ha curato una Storia della lingua italiana in 3 volumi (Einaudi, 1993-1994). È presidente dell’ASLI (Associazione per la Storia della Lingua Italiana) e condirettore delle riviste «La lingua italiana» e «Carte di viaggio». È autore (con Emiliano Picchiorri e Giuseppe Zarra) del manuale L’italiano nella storia. Lingua d’uso e di cultura (Le Monnier Università, 2023).
Moderatore
Matteo Tasca, Redazione Umanistica Secondaria di secondo grado Mondadori Education
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di Pietro Trifone, Emiliano Picchiorri, Giuseppe Zarra
Se nell’età di Dante si avvia l’affermazione di una varietà di prestigio fondata sul toscano letterario, e nel Rinascimento si realizza il consolidamento di quel modello con la sua sistemazione normativa, solo dopo l’Unità si pongono le basi per l’estensione dell’italiano dall’uso scritto di una minoranza colta all’uso scritto e parlato dell’intera comunità nazionale. Lo schema «toscano antico → italiano scritto → italiano scritto e parlato» va naturalmente interpretato alla luce delle dinamiche presenti nelle diverse aree linguistiche, nei diversi gruppi sociali, ambienti culturali e contesti comunicativi. In un processo così articolato, straordinarie imprese individuali come la Commedia dantesca o i Promessi Sposi manzoniani e grandi eventi storici come la diffusione della stampa o l’unificazione nazionale hanno accelerato e orientato il cambiamento linguistico, che oggi passa anche attraverso Internet e le scritture digitate. I principali fattori macrostorici costituiscono i centri di gravità o i punti di sintesi delle varie microstorie regionali e sociali. Scopri di più
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