Israele, Palestina: le radici profonde di un conflitto secolare

Lo scoppio della guerra arabo-palestinese-israeliana del 1948 rappresentò una sorta di tsunami per l’intero Medio Oriente, con ripercussioni tuttora visibili anche a livello globale. Non fu l’inizio del più lungo conflitto della storia contemporanea, bensì la fase finale di uno scontro iniziato almeno sei decadi prima. La lezione fa luce sulle radici più profonde di tale retroterra, riavvolgendo il filo del discorso intorno a un concetto che lega quel tragico passato a un funesto presente: «il rifiuto».

Si parlerà di:

  • Palestina a cavallo del Novecento. Si stima che nella Palestina degli anni Sessanta dell’Ottocento vivessero circa 411.000 individui. Chi erano queste persone? Dove vivevano e come si autopercepivano?

  • «Rifiuto» e «separazione». Nel 1907 l’ottavo congresso sionista creò un dipartimento per la colonizzazione della Palestina, inviando a questo scopo Arthur Ruppin, il cui obiettivo era di dar vita a «un contesto ebraico e un’economia ebraica chiusa, in cui produttori, consumatori e intermediari siano tutti ebrei». Il concetto di «rifiuto» era ben presente nell’approccio e nella mentalità di Ruppin.

  • Muri fisici e mentali. I primi «scontri strutturali» tra le diverse comunità vennero registrati a Giaffa nel marzo del 1908, per poi proseguire negli anni successivi. Nell’arco di appena due decadi si registrarono un numero di casi di violenze di massa di gran lunga superiore rispetto ai complessivi quattro secoli precedenti. 

  • Il primo omicidio politico nella comunità sionista in Palestina. Jacob Israel de Haan (1881-1924), giurista olandese che si oppose con forza ad alcuni aspetti del sionismo, fu vittima di quello che è considerato il primo omicidio politico avvenuto all’interno della comunità sionista nella Palestina mandataria. Il suo omicidio è lo specchio di fratture dense di significati.

  • L’extra-territorializzazione della terra. La questione della extra-territorializzazione della Palestina fu quella che più colpì l’inviato britannico John Hope-Simpson nel corso dei sopralluoghi che compì in loco nel 1929. A questo proposito notò che «Il risultato dell’acquisto di suolo in Palestina da parte del Fondo Nazionale Ebraico è che la terra è stata extraterritorializzata. Cessa di essere terra da cui l’arabo può trarre vantaggio, ora o in qualsiasi momento futuro». Alla data del dicembre 1946, anno dell’ultima rilevazione ufficiale effettuata in materia, la somma di suolo acquistato dalle organizzazioni sioniste corrispondeva al 6 percento del totale della terra oggetto della spartizione suggerita dall’ONU.






Relatore


Lorenzo Kamel (1980) insegna Storia contemporanea all’Università degli Studi di Torino. Ha ottenuto incarichi di insegnamento e ricerca in numerose università in Medio Oriente, Europa e negli Stati Uniti, inclusa l’Università di Harvard, presso cui ha afferito per quattro anni. È stato Marie Curie Experienced Researcher alla Albert-Ludwigs-Universität Freiburg e ha ricevuto il Palestine Academic Book Award, il Premio Internazionale Giuseppe Sciacca e il Fritz Thyssen Grant. Ha pubblicato 15 libri (8 dei quali come autore) su temi legati al Medio Oriente, al Mediterraneo e alla Storia Globale. Oltre a essere editorialista per «Al Jazeera», «Il Manifesto» e altri quotidiani italiani ed esteri, è membro della direzione della rivista «Passato e Presente».

 

Moderatore


Matteo Tasca, Redazione Umanistica Secondaria di secondo grado Mondadori Education

 

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