Nobel per la chimica 2023: nano-dimensioni per applicazioni straordinarie
di Nicole Ticchi
- Materie coinvolte: Chimica
Nobel per la chimica 2023: nano-dimensioni per applicazioni straordinarie
Una cosa di cui le generazioni più giovani possono godere oggi senza dubbio e poca consapevolezza è la possibilità di vedere film, serie TV e partite con una visibilità davvero ottima: i colori sono vividi, sgargianti e così ben definiti da rendere l’esperienza piacevole e ciò che si guarda piuttosto vicino alla realtà. I meno giovani, che hanno vissuto questa evoluzione e ricordano piuttosto bene i colori sbiaditi del tubo catodico se non addirittura il bianco e nero, la vivono con ancora più gioia.
Se vogliamo ringraziare per questo gradito regalo possiamo bussare alla porta dei tre vincitori del Premio Nobel per la chimica che a inizio ottobre è stato assegnato dall’Accademia svedese per la sintesi dei cosiddetti “punti quantici” (o “quantum dots”, in inglese), responsabili per questa grande fortuna. Sono Moungi Bawendi del Massachusetts Institute of Technology (Mit), Louis Brus della Columbia University e di Alexei Ekimov, fisico russo che ha lavorato all’istituto statale di ottica Vavilov prima di trasferirsi negli Stati Uniti nell’azienda Nanocrystals Technology. Nessuno di loro è giovane e i punti quantici non sono stati scoperti da poco, ma come tutte le tecnologie rivoluzionarie è necessario che passino anni, a volte decenni, per constatarne l’importanza e le ricadute nella vita di tutti i giorni.
Non sono gli schermi l’unica di possibilità di mettere a frutto le loro potenzialità, ovviamente; altri ambiti come la sensoristica, le tecniche di imaging per il biomedicale e il fotovoltaico hanno tratto enormi vantaggi, rendendoli a tutti gli effetti una delle invenzioni chiave nel campo delle nanotecnologie.
Punti quantici: cosa sono e come si producono
I punti quantici (li chiameremo QD per comodità) sono nanocristalli di un materiale semiconduttore con dimensioni inferiori a 10 nanometri (nm). Le dimensioni estremamente ridotte rendono le loro proprietà ottiche ed elettroniche diverse da quelle di altri materiali; la maggior parte dei QD infatti ha la capacità di emettere luce di lunghezze d'onda specifiche se eccitata dalla luce o dall'elettricità. Dato che le caratteristiche elettroniche dei QD sono determinate dalla loro dimensione e forma, possiamo controllare le loro lunghezze d’onda di emissione regolando le dimensioni. Tipicamente, QD più piccoli (ad esempio, raggio di 2~3 nm) emettono lunghezze d'onda più corte generando colori come viola, blu o verde, mentre i QD più grandi (raggio di 5~6 nm) emettono lunghezze d'onda più lunghe generando colori come il giallo, l'arancione o il rosso. Questo avviene perché, al diminuire della dimensione, aumenta la differenza di energia tra la banda di valenza più alta e la banda di conduzione più bassa. Pertanto, l’eccitazione del punto necessita di più energia, che viene rilasciata quando il cristallo ritorna al suo stato fondamentale, a causa di uno spostamento di colore dalla lunghezza d’onda più lunga (colore rosso) alla lunghezza d’onda più corta (colore blu) nella luce emessa. I QD sono solitamente costituiti da 200-3.000.000 di atomi ma hanno solo 100 elettroni liberi, o meno. La “costrizione” all’interno di uno spazio piccolo fa sì che gli elettroni si comportano sia come particelle che come onde, ovvero in maniera quantistica.
I QD sono comunemente fabbricati in soluzione come colloidi sospesi e su substrati cristallini solidi mentre vengono “coltivate” strutture nanocristalline, facilmente preparabili perché hanno un’ampia gamma di dimensioni e forme in schemi regolari.
Ma l’aspetto più importante, sia perché è stato l’oggetto del Premio Nobel, sia perché è proprio quello che permette di modulare le dimensioni, è la sintesi. Il merito di questo aspetto va a Moungi Bawendi, che ha avuto il merito di rendere la produzione di nanocristalli di specifiche dimensioni precisa e ripetibile: questo ha permesso a sempre più scienziati di lavorare con le nanotecnologie e indagare le proprietà dei quantum dots.
La dimensione può essere messa a punto modificando il pH, la temperatura o la durata del tempo di reazione. La sintesi di grandi quantità di QD necessita di un controllo avanzato della loro temperatura. Il cadmio è il semiconduttore più semplice da sintetizzare mediante processo colloidale (ad esempio CdS, CdSe e CdTe) sebbene sia un metallo pesante dannoso per la salute e l'ambiente, tanto che si trova nell'elenco dei materiali legalmente limitati dell'Unione Europea.
Applicazioni: per cosa li stiamo già usando e quali sono prospettive future
Sono diverse le possibilità di applicazione che queste piccolissime particelle offrono in tanti settori, oltre agli schermi dai colori brillanti.
In un contesto meno felice ma che ha sempre un impellente necessità di innovazione per salvare vite e fare diagnosi migliori, come quello biomedicale, ad esempio, i punti quantici hanno permesso di rendere più efficienti gli strumenti che restituiscono immagini di parti del corpo. Laddove, in passato, si usavano coloranti organici oggi è possibile usare i QD che, in termini di proprietà ottiche, sono superiori in quasi ogni aspetto: la loro emissione di luce stretta e regolabile in dimensioni li rende ideali per l'imaging multiplex, nel solo spettro visibile, senza sovrapposizioni spettrali e consentendo l'eccitazione simultanea di più colori da parte di un'unica sorgente luminosa. Questa caratteristica non solo riduce il costo della strumentazione di imaging (la progettazione del filtro). e semplifica l'analisi dei dati, ma migliora anche la sensibilità dell'imaging. Maggiore sensibilità significa, in pratica, diagnosi fatte in uno stadio di una malattia ancora non troppo avanzato e possibilità di intervenire tempestivamente con trattamenti curativi. Avere minori costi significa dare la possibilità a più strutture medicali di avere uno strumento potente per le diagnosi e fornire un servizio migliore nella cura dei cittadini. A livello di ricerca, inoltre, è possibile sfruttare la fluorescenza e avere contezza dei processi fisiologici che avvengono nel corpo, oppure seguire il percorso che un farmaco affronta nell’organismo per capire come si comporta e come renderlo, per esempio, più efficace e meno tossico.
Ma c’è un altro campo, oggi estremamente attuale anche a causa delle condizioni di riscaldamento globale che ci troviamo a vivere e della necessità di trovare fonti di energia con un minore impatto sull’ambiente. Si tratta delle celle solari usate nel campo del fotovoltaico per trasformare la luce solare in energia elettrica disponibile per le nostre abitazioni o gli impianti industriali. Rappresentano una delle opportunità più interessanti degli ultimi tempi, in termini di energie rinnovabili, ma da sempre si scontrano con un problema importante su cui la ricerca sta investendo tempo e risorse: l’efficienza. Il tasso di conversione della luce in energia non si avvicina neanche lontanamente all’ideale 100%, ma nemmeno alla sua metà. In molti casi si arriva ad un massimo del 30%, a volte anche sotto questa percentuale. I QD rappresentano una interessante opzione per aumentare questo livello di efficienza, addirittura raddoppiandola in alcuni dispositivi, grazie a loro capacità di generare più di una coppia elettrone-lacuna legata, o eccitone, per ogni entrante fotone. Le celle solari di oggi producono solo un eccitone per fotone in arrivo, ma l’effetto di “generazione di eccitoni multipli” (MEG) dei punti quantici promette di strizzare più energia da ciascun fotone. Inoltre, variando la dimensione dei punti quantici, questi vengono effettivamente “sintonizzati” per rispondere alle diverse lunghezze d'onda della luce: man mano che i punti quantici diventano più piccoli, anche lo spettro della luce diventa più piccolo assorbono passeranno al blu, che rappresenta maggiore energia o lunghezza d'onda più corta. In sostanza, più piccolo è il punto, maggiore è lo spostamento. Si parla molto, in questo ambito, di punti quantici fatti di perovskite, ovvero un minerale costituito da titanato di calcio che ha dimostrato risultati promettenti nell’aumentare l’efficienza, anche se la stabilità di questo materiale non è ottimale da renderlo così facilmente commercializzabile su larga scala: sembra infatti che sia igroscopico, ovvero che tenda ad assorbire umidità e questo potrebbe variarne le proprietà in termini elettronici.
Punti quantici, abbiamo un problema: la tossicità e la ricerca per ridurla
I QD sono materiali diversi dalle normali sostanze chimiche, il che porta a sforzi di ricerca importanti per valutare la tossicità. Da quanto sono stati messi a punto anche le conoscenze a livello tossicologico sono aumentate e oggi si sta cercando di capire meglio la situazione alla luce di nuovi dati e nuovi approcci esplorativi. Il problema della tossicità non si manifesta solo a livello del corpo umano, ma, come abbiamo già detto, è legato anche ad un possibile accumulo nei diversi comparti ambientali, con ripercussioni su molte specie diverse.
Molti studi indicano che la citotossicità dei QD che contengono cadmio non deriva solo dagli ioni Cd2+ rilasciati, ma anche dalla distribuzione intracellulare nelle cellule e dalle relative proprietà su scala nanometrica. Ma la tossicità dei QD può derivare anche dalle loro proprietà fisiche e chimiche (dimensione, concentrazione, forma, carica, composizione, gruppi funzionali superficiali, stabilità meccanica, cariche superficiali e stabilità fotolitica) e dall'ambiente: questo rende il processo di valutazione molto complesso.
Nel tempo è stato studiato il meccanismo di tossicità dell'uso dei QD nel nucleo della cellula, dove si è scoperto che inducono una mutazione nel DNA, ma sembra che la presenza di cadmio e selenio dia anche luogo a reazioni con le proteine presenti nei mitocondri. Insomma, c’è ancora molto da scoprire, ma l'intenzione è di ridurre il più possibile gli aspetti di tossicità e sfruttare al massimo i benefici che l’utilizzo di QD può assicurare. Per esempio, cambiando il materiale con cui sono fatti (un’ipotesi è il silicone, ma non convince ancora tanto) o mettendo una sorta di cappuccio sulle particelle che contengono cadmio per limitarne la reattività e, di conseguenza, la tossicità nel corpo umano.
Come in ogni ambito scientifico, il Premio Nobel non rappresenta mai un punto di arrivo, ma un modo per mettere in luce gli importanti avanzamenti tecnologici che una determinata invenzione ha portato e un’opportunità di accendere i riflettori anche su tutte le figure che, oltre ai vincitori, hanno contribuito a rendere quotidiana una straordinaria intuizione.
Attività per la classe
Immagina di dover spiegare il fenomeno su cui si basa il funzionamento dei punti quantici.
Hai a disposizione 2 oggetti, 3 minuti e devi usare un vocabolario il più possibile semplice e chiaro. Puoi dividere la tua classe in squadre e proporre una sfida!