Barbie e la (dis)parità di genere nelle STEM
di Chiara Anzolini
- Materie coinvolte: Biologia, Chimica e Scienze della Terra
Il 2023 può essere sicuramente definito come l’anno di Barbie. L’iconica bambola, infatti, non è stata solo la protagonista di uno dei film di maggior successo dello scorso anno, ma a lei è anche dedicato un articolo uscito sul British Medical Journal. L’edizione natalizia di questa prestigiosa rivista scientifica lascia sempre spazio alle ricerche più particolari e anticonvenzionali condotte in ambito medico, e nel 2023 è toccato allo studio di Katherine Klamer, dell’Indiana University, che ha deciso di analizzare le Barbie mediche e scienziate prodotte per verificarne il grado di accuratezza.
Lo studio è stato condotto utilizzando il motore di ricerca Google per analizzare le bambole del marchio “Barbie” e una selezione di altre bambole utilizzate come gruppo di confronto. La raccolta dei dati è avvenuta da luglio a novembre 2023, periodo in cui il film omonimo ha incassato oltre un miliardo di dollari al botteghino. I risultati si basano sull’analisi di 92 bambole Barbie (53 mediche, 10 scienziate, 2 insegnanti, 15 infermiere, 11 dentiste e 1 paramedica) e di un gruppo di confronto di 65 bambole generiche (26 mediche, 27 scienziate, 7 infermiere, 2 dentiste, 2 ingegnere e 1 tecnica di risonanza magnetica).
Dalla ricerca, svolta attraverso un’analisi visiva delle bambole, del loro outfit e dei loro accessori, risulta che le Barbie siano ancora poco inclusive rispetto alle bambole del gruppo di confronto. Il 98% rappresenta una donna adulta, il 93% una persona di sesso femminile, più della metà (59%) è caucasica e nessuna con disabilità. Nel gruppo di controllo, invece, le donne caucasiche rappresentavano il 32% e una aveva una protesi al braccio. Inoltre, la maggior parte (66%) delle Barbie mediche si occupava prevalentemente di bambini, e a parte 3 oculiste, tutte le altre risultavano essere mediche o pediatre generiche, senza una specializzazione.
Per quanto riguarda l’accuratezza dei dispositivi di protezione individuale (DPI) associati alle bambole, Klamer si è basata sulle linee guida attualmente in vigore all’Indiana University ed è emerso che né le Barbie né le bambole di controllo soddisfacevano pienamente gli standard di sicurezza dei rispettivi settori professionali. Ad esempio, il 98% delle Barbie mediche era dotato di stetoscopi, ma solo il 4% aveva mascherine e nessuna aveva guanti monouso. Più di due terzi delle Barbie portavano i capelli sciolti e più della metà indossava scarpe col tacco alto, anche in ambienti in cui ciò sarebbe poco raccomandato o addirittura vietato per motivi di sicurezza.
Nonostante la stessa autrice dello studio riconosca la possibile incompletezza dell’analisi, afferma anche che le bambole a tema continuano a ispirare bambine e bambini, ed esorta tutte le aziende produttrici di giocattoli a realizzare bambole di scienziati e medici più accurate e inclusive. Sebbene negli ultimi anni il marchio Barbie abbia fatto dei passi avanti nella rappresentazione di carriere e corpi femminili più realistici, infatti, i pregiudizi sul fatto che le donne siano più portate per ruoli legati all’educazione e alla cura non riescono ancora a essere completamente superati.
Anche il nostro Paese non è immune a queste tendenze: dall’ultimo rapporto della Fondazione Onda sull’equità di genere nella salute e nella ricerca emerge che, nonostante la donne laureate in medicina siano in numero pari o superiore a quello degli uomini, la presenza di donne è inferiore al 30 per cento in ambito chirurgico. Solo l’8,3 per cento delle donne mediche, inoltre, riveste un incarico dirigenziale, a fronte del 20,6 per cento dei loro colleghi maschi. La speranza è che, se sugli scaffali iniziassimo a trovare Barbie neurochirurghe, cardiochirurghe e ortopediche, oltre che pediatre, magari tra qualche anno riusciremmo forse a colmare il divario anche nel mondo reale.
Dalla ricerca, svolta attraverso un’analisi visiva delle bambole, del loro outfit e dei loro accessori, risulta che le Barbie siano ancora poco inclusive rispetto alle bambole del gruppo di confronto. Il 98% rappresenta una donna adulta, il 93% una persona di sesso femminile, più della metà (59%) è caucasica e nessuna con disabilità. Nel gruppo di controllo, invece, le donne caucasiche rappresentavano il 32% e una aveva una protesi al braccio. Inoltre, la maggior parte (66%) delle Barbie mediche si occupava prevalentemente di bambini, e a parte 3 oculiste, tutte le altre risultavano essere mediche o pediatre generiche, senza una specializzazione.
Per quanto riguarda l’accuratezza dei dispositivi di protezione individuale (DPI) associati alle bambole, Klamer si è basata sulle linee guida attualmente in vigore all’Indiana University ed è emerso che né le Barbie né le bambole di controllo soddisfacevano pienamente gli standard di sicurezza dei rispettivi settori professionali. Ad esempio, il 98% delle Barbie mediche era dotato di stetoscopi, ma solo il 4% aveva mascherine e nessuna aveva guanti monouso. Più di due terzi delle Barbie portavano i capelli sciolti e più della metà indossava scarpe col tacco alto, anche in ambienti in cui ciò sarebbe poco raccomandato o addirittura vietato per motivi di sicurezza.
Nonostante la stessa autrice dello studio riconosca la possibile incompletezza dell’analisi, afferma anche che le bambole a tema continuano a ispirare bambine e bambini, ed esorta tutte le aziende produttrici di giocattoli a realizzare bambole di scienziati e medici più accurate e inclusive. Sebbene negli ultimi anni il marchio Barbie abbia fatto dei passi avanti nella rappresentazione di carriere e corpi femminili più realistici, infatti, i pregiudizi sul fatto che le donne siano più portate per ruoli legati all’educazione e alla cura non riescono ancora a essere completamente superati.
Anche il nostro Paese non è immune a queste tendenze: dall’ultimo rapporto della Fondazione Onda sull’equità di genere nella salute e nella ricerca emerge che, nonostante la donne laureate in medicina siano in numero pari o superiore a quello degli uomini, la presenza di donne è inferiore al 30 per cento in ambito chirurgico. Solo l’8,3 per cento delle donne mediche, inoltre, riveste un incarico dirigenziale, a fronte del 20,6 per cento dei loro colleghi maschi. La speranza è che, se sugli scaffali iniziassimo a trovare Barbie neurochirurghe, cardiochirurghe e ortopediche, oltre che pediatre, magari tra qualche anno riusciremmo forse a colmare il divario anche nel mondo reale.
Attività da proporre alla classe
Oltre a quello delle bambole, c’è un altro universo in cui la rappresentazione delle scienziate è profondamente influenzata dai pregiudizi. Si tratta del mondo dei film e delle serie tv, in cui le donne, in particolare quelle impegnate in discipline scientifiche, risultano fortemente stereotipate. Ciascuno/a studente/essa faccia una ricerca su un personaggio femminile con un ruolo legato alla scienza a sua scelta, e crei una breve presentazione (5 slide) per descrivere al resto della classe:
Se da parte della classe emerge la difficoltà a trovare personaggi femminili adatti nei film e nelle serie tv, si può discutere proprio della sottorappresentazione delle scienziate in questi ambiti.
- di che film/serie tv si tratta;
- il ruolo del personaggio femminile scelto nel contesto della trama;
- il suo aspetto estetico inclusi l’abbigliamento, l’acconciatura e gli accessori;
- la sua personalità e i suoi valori;
- gli errori o gli stereotipi che riscontra nella rappresentazione e che correggerebbe.
Se da parte della classe emerge la difficoltà a trovare personaggi femminili adatti nei film e nelle serie tv, si può discutere proprio della sottorappresentazione delle scienziate in questi ambiti.