La schiavitù minorile in Italia

In Italia lavorano 144.000 ragazzi tra i 7 e 14 anni e 31 mila di essi possono definirsi letteralmente sfruttati. L?Istat non fa sconti e mentre la Fao discute di fame nel mondo (e di bambini costretti a lavorare in condizioni disumane) rivela ? e non è la prima volta ? che la piaga del lavoro minorile (che andrebbe più propriamente chiamato infantile) infetta anche l'Italia. Nella ricerca effettuata dall'Istat, realizzata col ministero del Lavoro e presentata in occasione della prima giornata mondiale contro il lavoro minorile, l?Istat spiega, infatti, che non tutto il lavoro under 14 va considerato illegale. Bisogna distinguere tra i lavori veri e propri e i lavoretti fatti dai ragazzi spesso a casa e continuando a studiare. I dati, comunque, non vanno sottovalutati se ci dicono che l?11,8% di questo piccolo esercito di lavoratori ha prestato la propria attività in una fabbrica o cantiere. Un ambiente certo non salubre per un ragazzo di 14 anni.

Fatte le differenze tra nord e sud, occorre comunque tener presente che nessuna regione italiana, comprese le più evolute, è esente dallo sfruttamento dei minori, che spesso fanno la fortuna di piccoli imprenditori senza scrupoli.

Valori calcolati dall?ISTAT su 144.000 minori che lavorano, di cui 31.000 in condizioni di fruttamento e schiavitù.

In Italia i minori vengono sfruttati principalmente nell'agricoltura, nell'industria dell'imitazione, ovvero per la fabbricazione di falsi prodotti griffati, e in organizzazioni di malavita (mafia, camorra, ecc.) come muschilli, cio? come messaggeri, in affari che possono mettere a rischio la loro stessa vita.

unicef

Poi ci sono i piccoli immigrati, serbatoio di manodopera a prezzi stracciati. La Caritas ha calcolato che attualmente in Italia ci sono circa 160 mila bambini extracomunitari ma è impossibile stabilire quanti di questi lavorino. Stime non ufficiali parlano di circa 3/4 mila minori cinesi impiegati in piccole fabbriche, ristoranti e laboratori, ma molti sono anche i piccoli marocchini che si guadagnano da vivere come venditori ambulanti. E non c'è bisogno di statistiche per capire quanto siano numerosi i bambini rom che passano le giornate ai semafori a vendere fazzolettini o rose nei ristoranti.

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