Era nato nel 1983 Iqbal Masih e aveva appena quattro anni quando suo padre decise disperatamente di venderlo come schiavo ad un fabbricante di tappeti? per l?incredibile somma di 12 dollari. È l?inizio di una schiavitù senza fine: gli interessi del ?prestito? ottenuto in cambio del lavoro del bambino non fanno che accrescere il debito. Sgridato, picchiato ed incatenato al suo telaio, Iqbal inizia a lavorare per più di dodici ore al giorno, con le sue piccole, abili e veloci mani che instancabilmente, ogni giorno, percorrono quella moltitudine di fili colorati creando cos? stupendi tappeti, mentre il peso della fame e della stanchezza cresce sempre di più. È uno dei tantissimi bambini che in Pakistan tessono tappeti. Nel 1992 però scappa dalla fabbrica e durante una manifestazione del Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF) sente parlare per la prima volta di diritti e di bambini nelle sue stesse condizioni: si accende in lui la speranza, o meglio la certezza, di restituire l?infanzia a tutti i bambini a cui questa è stata rubata. È in questa circostanza che conosce Eshan Ullah Khan, leader del BLLF, il sindacalista che rappresenter? la sua guida verso una nuova vita in difesa di ciò che ogni bambino dovrebbe possedere. - Da grande voglio diventare avvocato e lottare per tutti i bambini che nel mondo vengono sfruttati. ? Ma grande Iqbal non lo diventerà mai: verrà terribilmente ucciso infatti nella sua città natale di Muridke mentre goiocava con la sua bicicletta nuova il giorno del suo compleanno, il 16 aprile 1995, dalla ?mafia dei tappeti?. Con i 15 mila dollari del Premio Reebok per la Gioventù in Azione ricevuti nel dicembre ?94 a Boston, Iqbal voleva costruire una scuola, in modo che i piccoli schiavi potessro ricominciare a studiare? Una vicenda reale, drammatica e agghiacciante scritta da Francesco D?Adamo per portare le persone a riflettere e ad agire per combattere, fin dove possibile, lo sfruttamento dei minori e per non restare nel silenzio di una finta indifferenza che sembra essersi calata su questa ferita apparentemente inguaribile. Francesco D?Adamo non sapeva che faccia avesse Iqbal: le sue foto erano scure e sfocate. In un articolo si diceva ??non era molto alto??. Allora l?autore ha cercato di immaginarselo inventandosi il personaggio di Fatima, una ragazzina che ? sempre stata vicina ad Iqbal e che l?ha visto prima come un fanatico e poi come un eroe che le ha insegnato a seguire i propri sogni. Qualcuno ha detto che il libro ?Storia di Iqbal? è una storia triste. Non è vero: è la storia di come si può conquistare la libert?. È una storia che continua e va avanti tutti i giorni.
- Terminata la stesura di questo libro, in quello stato di torpore che segue la fine di un romanzo dopo mesi di lavoro, vengo a sapere dai telegiornali di una nave che vaga come un vascello fantasma lungo le coste del Golfo di Guinea. Pare sia una nave negriera carica di bambini. Quando finalmente la nave approda, a bordo dei bambini non c?è nessuna traccia. Sarà stato un abbaglio, un? invenzione dei giornali? A molti il dubbio che quei bambini fossero davvero su quella nave è rimasto, insieme alla domanda: e adesso in quale fossa dell? Oceano Indiano si trovano? Ecco un? altra delle storie, troppo e troppo dolorose, che saranno dimenticate. Qualcuno la racconti, per piacere. -
Francesco D?Adamo
HOME