Bartolomé de Las Casas nacque a Siviglia nel 1484 e fu il primo ecclesiastico a prendere gli ordini nel nuovo mondo, dopo essersi convertito da "encomendero" al culto cristiano. Cosė, nel 1515, entrò nell'ordine domenicano, che si era già schierato a favore dei diritti degli indigeni, e iniziò la sua instancabile battaglia a favore degli indios: egli condannò senza eccezioni il colonialismo e l'espansionismo degli europei, viaggiò nelle terre americane e attraversò molte volte l'oceano per portare in Spagna le sue proteste.
De Las Casas ottenne, dall'imperatore Carlo V, la liberazione per legge degli indios, ma l'applicazione delle "Leyes Nuevas" che la stabilivano fu resa difficile dalla resistenza dei conquistadores, che arrivarono ad uccidere i messi del re che cercavano di farle rispettare. In ogni caso, la condizione degli indigeni nei territori dominati dagli spagnoli risultò diversa da quella dei vicini territori portoghesi, dove la schiavitù rimase in vigore.
Nei suoi scritti De Las Casas cercò di denunciare le atrocità attuate contro gli Incas e di evidenziare le qualità positive di queste popolazioni: ritenne infatti ingiuste la violenza e la cupidigia, ma non si dichiarò certamente contrario a diffondere il cristianesimo. Anzi, proprio dal cristianesimo De Las Casas trasse quella spinta universalistica e quell'idea dell'uguaglianza di tutti gli uomini che ne animarono l'opera e che lo spinsero a denunciare anche le violenze dei portoghesi in terra d'Africa.
De Las Casas morì a Madrid il 17 luglio 1566.