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Penèlope
(gr. Penelópeia/Penelópe, lat. Penelopa/Penelopea/Penelope)
Genealogia e vicende mitiche
Figlia della ninfa Peribèa e del lacedemone Icàrio, che la sposò dopo il ritorno dall’esilio cui fu costretto, insieme al fratello Tindaro, per opera del fratellastro Ippocoonte, in séguito ucciso da Eracle. Icario – secondo uno schema presente in numerose vicende eroiche – bandì una gara di corsa fra i pretendenti alla mano della figlia: vincitore risultò Odisseo, che secondo una diversa tradizione avrebbe peraltro convinto Tindaro a intercedere in suo favore presso Icario, suggerendogli in cambio di vincolare tutti i pretendenti alla mano di sua figlia Elena da un giuramento di reciproca fedeltà che avrebbe impedito litigi fra il vincitore e gli sconfitti. Icario, dopo lo sposalizio, tentò di convincere la figlia a restare presso di lui: ma ella, secondo il racconto di Pausania, rispose velandosi silenziosamente il capo. In quello stesso luogo Icario, lasciata partire Penelope, eresse una statua all’Aidós («Pudore»).
Penelope nell’Odissea
Il pudore è una caratteristica consustanziale all’immagine che di Penelope tramanda l’Odissea: partito alla volta di Troia, Odisseo le affidò il regno, ed ella seppe resistere – nonostante la ventennale assenza dello sposo – alle offerte di nozze provenienti dai più facoltosi principi delle aree circostanti. Ben noto è il trucco con cui la regina ingannò i cosiddetti Proci («Pretendenti»): ella dichiarò che avrebbe scelto il suo nuovo marito solo dopo aver terminato di tessere il sudario per il vecchio Laerte, padre di Odisseo; ma di notte il lavoro compiuto durante il giorno veniva puntualmente disfatto, in modo da protrarre all’infinito la data della scelta. Al ritorno del marito ella assistette alla vendetta contro i Proci e lo accolse come il vero Odisseo solo dopo aver avuto da lui una prova inconfutabile della sua identità: la conoscenza di un dettaglio relativo alla costruzione del letto nuziale, ancorato al suolo di Itaca dal ceppo dell’albero con il cui legname era stato costruito.
Penelope al di fuori dei poemi omerici
Tradizioni diverse da quella omerica, tuttavia, mettono alquanto in discussione la fedeltà di Penelope: secondo varianti della vicenda, ella non si limitò a partorire a Odisseo Telèmaco (o Telemaco e Polipòrte, come vuole Apollodoro, Epitome 7, 35), ma diede alla luce anche Pan, concepito durante l’assenza del marito congiungendosi al dio Ermes. Fonti più maliziose le attribuiscono addirittura molteplici relazioni adulterine con pressoché tutti i pretendenti accorsi alla casa di Odisseo. Spunti analoghi animano l’immagine di Penelope in alcuni originali lavori contemporanei: accanto alle numerose riprese che ne fanno un angelo del focolare e un’icona della fedeltà coniugale, va registrata almeno Molly Bloom, la controfigura di Penelope nell’Ulisse di J. Joyce (1922), le cui fantasie erotiche costituiscono il tema del monologo interiore dell’ultimo, celebre capitolo. Più recentemente, una Penelope astuta e maliziosa ha ideato il romanziere italiano Luigi Malerba (Itaca per sempre, 1997).
[Federico Condello]
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