Quanto sono biodiverse le emoji?
di Chiara Anzolini
- Obiettivo Primario: 14 - Vita sott'acqua
- Obiettivo Secondario: 15 - Vita sulla Terra
- Materie: Biologia
Le emoji sono una componente irrinunciabile della comunicazione moderna, perché permettono di esprimere emozioni e stati d’animo in un mondo sempre più digitalizzato, trascendendo le barriere geografiche e linguistiche. Poter esprimere un concetto con un’emoji può anche contribuire alla discussione pubblica e aumentare la consapevolezza delle persone su tematiche come la crisi della biodiversità. Un gruppo di ricerca italiano coinvolto nel National Biodiversity Future Center ha cercato di capire quanto il set di emoticon attualmente disponibile sia in grado di rappresentare l’albero della vita e ha pubblicato i risultati di questo studio sulla rivista iScience.
Ecologi e biologi fanno spesso indagini statistiche sulle specie che abitano gli ecosistemi, ma non era mai successo prima che un gruppo di ricerca si occupasse del tasso di biodiversità, cioè della varietà delle forme di vita, presente nell’emojisfera. Dopo un’accurata analisi dell’Emojipedia, il catalogo completo di tutte le emoticon esistenti, il gruppo di ricerca guidato da Stefano Mammola del CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha scoperto che i regni del mondo vivente sono fortemente sbilanciati: funghi, piante e microrganismi sono sottorappresentati rispetto agli animali e, per quanto riguarda questi ultimi, i grandi vertebrati la fanno da padrone a discapito degli artropodi, che nel mondo reale sono invece molti di più.
Questo sbilanciamento a favore delle specie più carismatiche non è un concetto nuovo agli studiosi, e prende il nome di bias tassonomico. Sia cittadini che governi dedicano maggior interesse e attenzione verso alcune specie rispetto ad altre, meno entusiasmanti e più difficili da osservare. Visto che scienza, società e politica sono strettamente interconnesse, questo si riflette poi anche sul numero di ricerche e dati raccolti a livello scientifico: uno studio del 2017 pubblicato su Scientific Reports ha evidenziato che tale sbilanciamento nella raccolta dei dati dipende soprattutto dalle preferenze della società e non tanto dalle attività di ricerca degli enti preposti.
Il motivo è presto detto: negli ultimi anni le attività di Citizen Science, cioè quelle in cui i cittadini sono coinvolti in prima persona nella raccolta di dati scientifici, hanno assunto un ruolo sempre più rilevante. È stato dimostrato che un progetto ben fatto di Citizen Science può produrre in soli due anni la stessa quantità di dati che gli scienziati riuscirebbero a raccogliere in un decennio. Proprio per questo motivo, è importante incentivare l’interesse delle persone verso specie più sconosciute, meno piacevoli esteticamente, ma magari più importanti per l’equilibrio degli ecosistemi. Per raggiungere questo obiettivo è necessario agire fin dai primi anni dell’infanzia.
Considerato che nelle moderne società occidentali il contatto con la natura viene sempre meno, è fondamentale contribuire a costruire un immaginario collettivo il più possibile esaustivo attraverso i media. Nel 2022 un gruppo di ricerca olandese ha condotto un’indagine per capire quanto i libri illustrati per bambini rappresentassero efficacemente la diversità della vita sulla Terra, e i risultati hanno evidenziato che anche in questo settore il divario è enorme: la maggior parte dei personaggi delle storie è rappresentata da mammiferi, soprattutto esotici, come tigri e leoni, e domestici, come cani e gatti, molti dei quali addirittura eccessivamente antropomorfizzati.
Questo rappresenta un limite, soprattutto in un contesto di perdita della biodiversità come quello in cui ci troviamo. È stato infatti dimostrato che le storie con animali stimolano la curiosità e aumentano l’empatia verso le specie. Allo stesso modo, i post con emoticon tendono ad avere un maggior engagement. Ecco perché Mammola e colleghi hanno pensato che la creazione di nuove emoji per rappresentare Nematodi e Platelminti, oltre che una maggior differenziazione di funghi e microrganismi, potrebbe non solo facilitare la comunicazione sui social, ma anche agevolare le discussioni in chat, e di riflesso contribuire alla tutela e alla valorizzazione della biodiversità.
Questo sbilanciamento a favore delle specie più carismatiche non è un concetto nuovo agli studiosi, e prende il nome di bias tassonomico. Sia cittadini che governi dedicano maggior interesse e attenzione verso alcune specie rispetto ad altre, meno entusiasmanti e più difficili da osservare. Visto che scienza, società e politica sono strettamente interconnesse, questo si riflette poi anche sul numero di ricerche e dati raccolti a livello scientifico: uno studio del 2017 pubblicato su Scientific Reports ha evidenziato che tale sbilanciamento nella raccolta dei dati dipende soprattutto dalle preferenze della società e non tanto dalle attività di ricerca degli enti preposti.
Il motivo è presto detto: negli ultimi anni le attività di Citizen Science, cioè quelle in cui i cittadini sono coinvolti in prima persona nella raccolta di dati scientifici, hanno assunto un ruolo sempre più rilevante. È stato dimostrato che un progetto ben fatto di Citizen Science può produrre in soli due anni la stessa quantità di dati che gli scienziati riuscirebbero a raccogliere in un decennio. Proprio per questo motivo, è importante incentivare l’interesse delle persone verso specie più sconosciute, meno piacevoli esteticamente, ma magari più importanti per l’equilibrio degli ecosistemi. Per raggiungere questo obiettivo è necessario agire fin dai primi anni dell’infanzia.
Considerato che nelle moderne società occidentali il contatto con la natura viene sempre meno, è fondamentale contribuire a costruire un immaginario collettivo il più possibile esaustivo attraverso i media. Nel 2022 un gruppo di ricerca olandese ha condotto un’indagine per capire quanto i libri illustrati per bambini rappresentassero efficacemente la diversità della vita sulla Terra, e i risultati hanno evidenziato che anche in questo settore il divario è enorme: la maggior parte dei personaggi delle storie è rappresentata da mammiferi, soprattutto esotici, come tigri e leoni, e domestici, come cani e gatti, molti dei quali addirittura eccessivamente antropomorfizzati.
Questo rappresenta un limite, soprattutto in un contesto di perdita della biodiversità come quello in cui ci troviamo. È stato infatti dimostrato che le storie con animali stimolano la curiosità e aumentano l’empatia verso le specie. Allo stesso modo, i post con emoticon tendono ad avere un maggior engagement. Ecco perché Mammola e colleghi hanno pensato che la creazione di nuove emoji per rappresentare Nematodi e Platelminti, oltre che una maggior differenziazione di funghi e microrganismi, potrebbe non solo facilitare la comunicazione sui social, ma anche agevolare le discussioni in chat, e di riflesso contribuire alla tutela e alla valorizzazione della biodiversità.