Giornata Mondiale della Biodiversità: dalle parole ai fatti per un futuro sostenibile
di Chiara Anzolini
- Obiettivo Primario: 15 - Vita sulla Terra
- Obiettivo Secondario: 14 - Vita sott'acqua
- Materie: Biologia
Giornata Mondiale della Biodiversità: dalle parole ai fatti per un futuro sostenibile
Ogni anno, il 22 maggio, si celebra la Giornata Mondiale della Biodiversità, una data scelta dalle Nazioni Unite per commemorare l’adozione del testo della Convenzione per la Diversità Biologica, avvenuta il 22 maggio 1992 nel corso del Vertice sulla Terra di Rio de Janeiro. La giornata, che ha lo scopo di promuovere una maggiore consapevolezza sull’importanza della biodiversità e sulle questioni che la minacciano, assume questa volta un connotato ancor più significativo perché cade proprio dopo l’Accordo Kunming-Montreal, adottato lo scorso dicembre durante la COP15.
Questo Accordo, raggiunto al termine di due settimane di confronto serrato, prevede di porre sotto protezione il 30% degli ecosistemi terrestri e marini del pianeta entro il 2030, attraverso l’istituzione di aree protette e altre misure di conservazione da attuare sul territorio. Non a caso, quindi, il tema della Giornata della Biodiversità di quest’anno è “Dall’accordo all’azione: ricostruire la biodiversità”, per incentivare le strategie, i piani e i programmi volti non solo a garantire un utilizzo consapevole della diversità biologica, ma anche a impegnarsi nella sua rigenerazione.
Secondo l’IPBES - Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, gli attuali tassi di estinzione di specie e popolazioni sono da 100 a 1000 volte superiori a quelli a cui il Pianeta è stato abituato negli ultimi 10 milioni di anni, tanto che da tempo si parla di sesta estinzione di massa, causata dall’essere umano. Caccia, pesca, inserimento di specie invasive, inquinamento, deforestazione e pratiche agricole che portano alla distruzione degli habitat, nonché la crisi climatica, sono tra i principali fattori alla base della perdita di biodiversità.
Tale decimazione non è priva di conseguenze per le civiltà umane, che hanno costruito le loro stesse fondamenta sulle risorse fornite dalla natura. A oggi, i pesci forniscono il 20% di proteine animali a circa 3 miliardi di persone, oltre l’80% della dieta umana si basa sulle piante e la morte delle barriere coralline espone a rischio di inondazioni e uragani dai 100 ai 300 milioni di persone. Per non parlare della salute: è stato dimostrato che la perdita di biodiversità aumenta le zoonosi, cioè le malattie trasmesse dagli animali all’uomo, come quella che ha causato la pandemia da Covid-19.
A farne le spese sono soprattutto le zone più ricche in termini di biodiversità e più a rischio per quanto riguarda gli effetti della crisi climatica, come il Mediterraneo. In Italia circa il 45% delle specie animali e quasi il 55% delle specie vegetali sono a rischio di estinzione, così come circa il 30% degli habitat. L’alto tasso di estinzione di specie, abbinato alla perdita e frammentazione di ambienti terrestri, come la macchia mediterranea, e marini, come le praterie di fanerogame, sono fenomeni irrecuperabili, con un impatto devastante anche sulle risorse naturali e i cicli biogeochimici degli elementi.
Da qui la necessità di intervenire con strumenti appropriati, che siano in grado di rispondere alle disposizioni europee previste per il 2030. Tra questi vi è il National Biodiversity Future Center, uno dei cinque centri nazionali per la ricerca previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il NBFC, che prenderà ufficialmente avvio proprio il 22 maggio 2023, intende monitorare, preservare e ripristinare la biodiversità negli ecosistemi marini, terrestri e urbani della Penisola, valorizzare la biodiversità e renderla un elemento centrale su cui fondare lo sviluppo sostenibile.
Secondo l’IPBES - Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, gli attuali tassi di estinzione di specie e popolazioni sono da 100 a 1000 volte superiori a quelli a cui il Pianeta è stato abituato negli ultimi 10 milioni di anni, tanto che da tempo si parla di sesta estinzione di massa, causata dall’essere umano. Caccia, pesca, inserimento di specie invasive, inquinamento, deforestazione e pratiche agricole che portano alla distruzione degli habitat, nonché la crisi climatica, sono tra i principali fattori alla base della perdita di biodiversità.
Tale decimazione non è priva di conseguenze per le civiltà umane, che hanno costruito le loro stesse fondamenta sulle risorse fornite dalla natura. A oggi, i pesci forniscono il 20% di proteine animali a circa 3 miliardi di persone, oltre l’80% della dieta umana si basa sulle piante e la morte delle barriere coralline espone a rischio di inondazioni e uragani dai 100 ai 300 milioni di persone. Per non parlare della salute: è stato dimostrato che la perdita di biodiversità aumenta le zoonosi, cioè le malattie trasmesse dagli animali all’uomo, come quella che ha causato la pandemia da Covid-19.
A farne le spese sono soprattutto le zone più ricche in termini di biodiversità e più a rischio per quanto riguarda gli effetti della crisi climatica, come il Mediterraneo. In Italia circa il 45% delle specie animali e quasi il 55% delle specie vegetali sono a rischio di estinzione, così come circa il 30% degli habitat. L’alto tasso di estinzione di specie, abbinato alla perdita e frammentazione di ambienti terrestri, come la macchia mediterranea, e marini, come le praterie di fanerogame, sono fenomeni irrecuperabili, con un impatto devastante anche sulle risorse naturali e i cicli biogeochimici degli elementi.
Da qui la necessità di intervenire con strumenti appropriati, che siano in grado di rispondere alle disposizioni europee previste per il 2030. Tra questi vi è il National Biodiversity Future Center, uno dei cinque centri nazionali per la ricerca previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il NBFC, che prenderà ufficialmente avvio proprio il 22 maggio 2023, intende monitorare, preservare e ripristinare la biodiversità negli ecosistemi marini, terrestri e urbani della Penisola, valorizzare la biodiversità e renderla un elemento centrale su cui fondare lo sviluppo sostenibile.
Attività da proporre alla classe
La Mediterranean Biodiversity Platform è uno strumento digitale per inventariare, catalogare e archiviare i dati sulla biodiversità marina e costiera nel Mediterraneo e visualizzarli sulle mappe. Divisi a coppie o a piccoli gruppi scegliete una delle specie presenti nel database e fate una presentazione per spiegare al resto della classe la posizione e la dimensione degli areali in cui la specie è presente e ne spieghi l’importanza per la biodiversità.