Giornata della Terra: l’impatto dell’industria della moda

di Chiara Anzolini

  • Obiettivo Primario: 12 - Consumo e produzioni responsabili
  • Materia: Scienze della Terra, Chimica e Biologia

Giornata della Terra: l’impatto dell’industria della moda

Ogni anno, il 22 aprile, la Giornata della Terra segna l’anniversario della nascita del moderno movimento ambientalista, avvenuta nel 1970. Si tratta della più grande celebrazione laica del mondo ed è osservata da più di un miliardo di persone ogni anno. Questo evento chiede a gran voce un cambiamento negli stili di vita e la messa in atto di cambiamenti politici globali, sia a livello locale che nazionale, per far fronte alla crisi climatica. Tra gli stili di vita che siamo chiamati a modificare, soprattutto nei Paesi sviluppati, rientra sicuramente quello dell’acquisto di abiti nuovi.

 
Mentre la maggior parte di noi è ormai consapevole dei pericoli derivanti dai combustibili fossili, dagli sversamenti di petrolio e dall'agricoltura intensiva, infatti, non sono molte le persone che comprendono a fondo l’impatto che i vestiti hanno sugli ecosistemi. Dalle ondate di calore senza precedenti alle alluvioni, dall'innalzamento del livello del mare alla perdita di biodiversità, l'impatto della moda sulla crisi climatica non riguarda solo le emissioni di carbonio, ma anche l'acqua, le sostanze chimiche, la deforestazione, i rifiuti tessili, le microplastiche e altro ancora.

Secondo le Nazioni Unite, l’industria della moda produce dall’8% al 10% di tutte le emissioni globali di gas serra, più dell’aviazione e della navigazione messe insieme. Anche il consumo di acqua è un problema: si stima che il settore dell’abbigliamento, con i suoi 79.000 miliardi di acqua sprecata ogni anno, cioè il 20%, sia secondo solo all’agricoltura. Inoltre, in base a un rapporto del National Institute of Standards and Technology (NIST), l’impiego di prodotti chimici nella filiera della moda è la seconda causa globale di inquinamento delle acque (sempre dopo l’agricoltura).

Le stesse stime indicano che il settore della moda è responsabile anche del 35% delle microplastiche che finiscono nei mari e negli oceani, equivalenti a circa 190.000 tonnellate di microplastiche all’anno, provenienti soprattutto del poliestere usato nella cosiddetta fast fashion. Si tratta di quella moda veloce che produce in serie indumenti trendy, economici, realizzati in tempi rapidissimi, spesso da lavoratori sottopagati e con materiali a basso costo, la cui vendita e circolazione è spinta anche dal marketing online di alcuni influencer che li pubblicizzano sui social.

Questi numeri vertiginosi sono in parte dovuti all’aumento della popolazione mondiale, che ha raggiunto la cifra record di 8 miliardi persone. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che l’acquisto compulsivo riguarda soprattutto i Paesi sviluppati: una persona compra in media il 60% in più di vestiti rispetto a 15 anni fa, a fronte della durata media di ogni capo, che si è invece ridotta della metà. Tra le cause di questa obsolescenza programmata vi sono i materiali meno resistenti e una clientela capricciosa, che si stufa presto della novità e vuole a tutti i costi avere “l’ultima moda”.

Secondo un editoriale di Nature, l’unica soluzione è abbracciare l’economia circolare, grazie anche alle opportunità fornite dalla ricerca scientifica: rendere più accurate le stime dell’impatto della moda sull’ambiente, efficientare i processi di produzione e renderli accessibili a tutti i Paesi, fare in modo che gli indumenti siano più durevoli e facili da riciclare, e tracciare le microplastiche. Soprattutto, però, è necessario cambiare i comportamenti di produttori e consumatori, e per fare ciò è fondamentale che i governi agiscano in modo rapido e deciso, coordinandosi tra di loro.

 

Attività da proporre alla classe

Lo swap party è un evento in cui le persone si scambiano oggetti, in particolare capi d’abbigliamento e accessori. È nato negli Stati Uniti nel periodo della crisi finanziaria del 2008, ma si è diffuso in particolare negli ultimi anni, anche nelle scuole, grazie all’accresciuta sensibilità per le questioni ambientali. Lo swap party, infatti, permette di provare la stessa ebbrezza dello shopping, ma promuove il riuso: i vestiti che qualcuno non usa più possono tornare a nuova vita nell’armadio di qualcun altro! Proponi, insieme alla tua classe, al/la Dirigente Scolastico/a e ai Rappresentanti d’Istituto di organizzarne uno durante la prossima Assemblea. Potrebbe diventare un appuntamento fisso, soprattutto in occasione dei cambi di stagione. Qui puoi trovare un utile decalogo delle regole da seguire per organizzare un perfetto swap party. Buono scambio!