Che ne è stato del buco dell'ozono?

Trovare soluzioni per le sfide climatiche è possibile (se si vuole) di Pierdomenico Memeo
  • Obiettivo Primario: 13 - Lotta contro il cambiamento climatico

“Mi fa male l’immanente destino del pianeta Terra,
minacciato dal grande buco nell’ozono,
dall’effetto serra e da tutte quelle tragedie planetarie”
Giorgio Gaber, Mi fa male il mondo (1995)


Il 16 settembre si celebra la Giornata Internazionale per la Conservazione dello Strato di Ozono. Negli ultimi anni, le scienze dell’atmosfera hanno guadagnato un posto centrale non solo nelle analisi che riguardano i modelli di previsione meteorologica e l’inquinamento atmosferico, ma anche per quanto concerne le discussioni sulle prospettive climatiche, economiche, sociali, e politiche.

 
Considerando il tono esacerbato del dibattito pubblico riguardo i temi della crisi climatica (aumento delle temperature globali, aumento in frequenza e intensità dei fenomeni estremi, avanzare della desertificazione e tropicalizzazione degli ecosistemi) può essere utile ripercorrere la storia di uno dei fenomeni più famosi riguardo l’impatto antropico sull’atmosfera, ossia quello del cosiddetto “buco nell’ozono”, e il modo in cui la comunità internazionale e le organizzazioni intergovernative sono intervenute per mitigare gli effetti e in parte ripristinare la situazione precedente.

 

Che cos’è l’ozono?

L’ozono (o ossigeno triatomico) è una molecola inorganica con formula bruta O3, formata cioè da 3 atomi di ossigeno legati in una catena con un angolo centrale di 116,8°. È una forma allotropica (ossia alternativa) dell’ossigeno biatomico (O2) normalmente presente nell’atmosfera terrestre, e si forma sia per via naturale che in conseguenza delle attività umane. Nelle parti più basse dell’atmosfera è considerato un inquinante (ha un odore pungente e può causare mal di testa, bruciore agli occhi, e irritazione delle vie respiratorie), ma è presente in concentrazioni molto basse (circa 10 parti per miliardo).

La sua concentrazione aumenta (seppur in senso relativo) con la quota, in particolare all’interno di uno strato dell’atmosfera compreso tra 15 e 35 chilometri, dove arriva ad una concentrazione massima di 8-10 parti per milione, dove assorbe la quasi totalità dei raggi ultravioletti di tipo B e C provenienti dal Sole, contribuendo a limitare gli effetti di questo tipo di radiazione potenzialmente pericolosa per le forme di vita.

Ma quindi questo buco?

1970. Il chimico atmosferico olandese Paul Crutzen, in un articolo sul Quarterly Journal of the Royal Meteorological Society, nota che alcuni composti, come gli ossidi di azoto e i loro prodotti di reazione possono sopravvivere in atmosfera abbastanza a lungo per raggiungere la stratosfera e interferire con la chimica dell’ozono, riducendo la sua produzione naturale. È uno studio specialistico, ma è la prima indicazione di un impatto antropico sullo strato di ozono.

1974. In un articolo, pubblicato su Nature, un professore di chimica dell’Università della California e il suo collaboratore di ricerca, Sherwood Rowland e Mario José Molina, avanzano l’idea che una classe di composti organici industriali noti come clorofluorocarburi (e indicati dalla sigla CFC) potessero andare ad intaccare lo strato ricco di ozono. La reazione delle industrie della refrigerazione e degli erogatori spray, che facevano ampio uso dei CFC nei loro processi produttivi e nei prodotti finali, è rapida. Nel 1975, la rivista di settore Chemical Weekly riporta le parole del presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda statunitense DuPont che definisce questa ipotesi “un racconto di fantascienza” “un mucchio di spazzatura” “completamente privo di senso.” Nel 1979, l’azienda rincara la dose dichiarando “Nessuna riduzione dell’ozono è mai stata rilevata… tutti i calcoli attuali sulla riduzione dell’ozono sono basati su una serie di proiezioni incerte.” (Un ritornello che suona particolarmente attuale riguardo altre considerazioni sulla fisica atmosferica.)

1985. In un altro articolo, pubblicato ancora su Nature, un geofisico e due meteorologi britanni Joe Farman, Brian G. Gardiner e Jon Shanklin riportano che i livelli di ozono nell’atmosfera sopra l’Antartide durante la stagione primaverile stavano diminuendo in maniera significativa, arrivando ad una riduzione di circa il 30% rispetto ai dati degli anni Settanta. Questa situazione particolare dipende da una combinazione di temperature estremamente basse e dall’azione del vortice polare, che rallentano il rimescolamento atmosferico durante i mesi dell’inverno australe, aumentando la concentrazione dei composti che interferiscono con l’ozono. Negli anni successivi, ricerche indipendenti mostrano che il colpevole è principalmente il monossido di cloro, una molecola prodotta dalla dissociazione dei CFC nell’alta atmosfera. Da quel momento, le cose iniziarono a muoversi molto velocemente.

 

E ora?

1985. Viene convocata la Convenzione di Vienna per la Protezione dello Strato di Ozono,un accordo multilaterale che fornisce la cornice per la creazione di una collaborazione internazionale per la riduzione dei CFC e altri composti.

1987. Solo due anni dopo, i Paesi che aderiscono alle Nazioni Unite firmano un accordo noto come Protocollo di Montréal sulle Sostanze che Riducono lo Strato di Ozono, che stabilisce una serie di regole sulla produzione e sul consumo di composti dannosi per l’ozono. Pressate dalle normative e grazie ad incentivi specifici, le industrie interessate iniziano a cercare alternative ai CFC. Alcune soluzioni abbracciate inizialmente, come gli idrofluorocarburi (HFC), mostrano in seguito altri problemi, ma la marcia dell’innovazione è in pieno movimento.

1990-2016. Il Protocollo di Montréal viene emendato più volte per includere sempre più sostanze nocive per lo strato di ozono e monitorare l’applicazione delle direttive, grazie anche all’istituzione di un Fondo Multilaterale per aiutare i Paesi in via di sviluppo.

2018. Un articolo pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letter da due climatologhe americane, Susam Strahan e Anne Douglas ha dimostrato che la riduzione dello strato di ozono è calata significativamente, e l’andamento del fenomeno è strettamente correlato con il calo dell'utilizzo dei CFC e di altri composti clorati. Le azioni messe in atto non solo hanno ridotto il problema, ma lo stanno lentamente risolvendo.

Per queste ragioni, l’ex Segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan ha dichiarato che il Protocollo di Montréal “è probabilmente l’accordo internazionale sull’ambiente di maggior successo fino ad oggi.”

Che cosa abbiamo imparato?

La storia del “buco nell’ozono” è uno degli esempi più significativi per mostrare che, se la comunità internazionale e le organizzazioni intergovernative riescono ad intervenire efficacemente sulle questioni ambientali globali, è possibile arrivare a successi significativi.

Non è stato un percorso semplice perché, come abbiamo visto, le aziende coinvolte hanno tentato di negare o ridimensionare il problema, avvalendosi di ricerche compiacenti o sfruttando aderenze politiche. Ma la compattezza dei Paesi coinvolti ha garantito l’applicazione delle regole contenute negli accordi per più di 35 anni, riuscendo a ribaltare una situazione potenzialmente molto problematica.

La realizzazione del Protocollo di Montréal rappresenta la dimostrazione che è possibile agire in maniera efficace per affrontare e risolvere i problemi ambientali globali. Le chiavi del suo successo sono state l’attenzione agli avvertimenti della comunità scientifica, la ricerca di soluzioni condivise a livello politico, e l’investimento in innovazioni tecnologiche per superare i problemi pratici.

Intervenire per trovare soluzioni alle sfide climatiche è possibile: ma bisogna volerlo.

 

Proposta di attività per la classe

Reset Earth
One ozone. One planet. One change.


L’anno è il 2084. Knox, Sagan e Terran non hanno molto da vivere, a meno che…

Reset Earth è una campagna globale sviluppata dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite che comprende una serie web animata e un videogioco per dispositivi mobili. Utilizzando gli strumenti dello storytelling e il coinvolgimento dei giochi digitali, il progetto si pone l’obiettivo di coinvolgere e educare i giovani della Generazione Z sui pericoli causati dalla riduzione dello strato di ozono, e cosa è possibile fare per porre rimedio.

Reset Earth è ambientato in un futuro distopico dove la Terra ha perso completamente il suo strato protettivo creato dall’ozono e la superficie è esposta alle pericolose radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole e l’umanità è vittima di una malattia chiamata GROW che si è diffusa in tutto il mondo accorciando l’aspettativa di vita a meno di 30 anni. La trama porta i giocatori indietro nel tempo, dove devono trovare la causa della malattia, scoprire l’importanza dello strato di ozono, e imparare l’importanza di lavorare insieme per uno scopo comune.

L’attività, adatta a essere svolta in collaborazione con i docenti di Lingua Inglese e di Informatica o Tecnologia, può essere organizzata in due fasi: una di gioco vero e proprio, che studenti e studentesse possono svolgere in autonomia sui loro dispositivi come compito a casa, e una di presentazione e discussione, dove i partecipanti presentano i loro progressi, discutono delle soluzioni, e le paragonano con quello che è effettivamente stato fatto a livello internazionale per ridurre il problema della diminuzione dello strato di ozono.

Reset Earth: https://ozone.unep.org/reset-earth

 

Riferimenti

Crutzen, P.J. (1970), The influence of nitrogen oxides on the atmospheric ozone content. Q.J.R. Meteorol. Soc., 96: 320-325
https://doi.org/10.1002/qj.49709640815

Molina, M., Rowland, F. Stratospheric sink for chlorofluoromethanes: chlorine atom-catalysed destruction of ozone. Nature 249, 810–812 (1974).
https://doi.org/10.1038/249810a0

Farman, J., Gardiner, B. & Shanklin, J. Large losses of total ozone in Antarctica reveal seasonal ClOx/NOx interaction. Nature 315, 207–210 (1985).
https://doi.org/10.1038/315207a0

Strahan, S. E., & Douglass, A. R. (2018). Decline in Antarctic ozone depletion and lower stratospheric chlorine determined from Aura Microwave Limb Sounder observations. Geophysical Research Letters, 45, 382–390.
https://doi.org/10.1002/2017GL074830

 

Sitografia

NASA Earth Observatory [in inglese]
World of Change: Ozone

United Nation Environment Programme: Ozone Secretariat [in inglese]
Montreal Protocol: Advancing Climate Action

 

Bibliografia

Mercanti di dubbi
Come un manipolo di scienziati ha nascosto la verità, dal fumo al riscaldamento globale
Naomi Oreskes, Erik M. Conway
Edizioni Ambiente (2019)
ISBN: 9788866272670 

Fixing the Climate
Strategies for an Uncertain World
Charles F. Sabel (Autore), David G. Victor (Autore)
Princeton University Press (2022)
ISBN: 978-0691224558