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coetanei, bambini e/o ragazzi, quasi sempre organizzati in
gruppi
, e che si svolgono
soprattutto
in ambito scolastico
. Le caratteristiche di questa interazione deviata sono
l’intenzionalità, la persistenza e il disequilibrio
: il “
bullo
” è protagonista di conti-
nui atti di prevaricazione ai danni di un soggetto che si ritrova ad assumere, suo mal-
grado, il ruolo della vittima. In generale, sotto l’etichetta di bullismo si indicano tut-
te le forme di
comportamento vessatorio
che rischiano di compromettere l’integri-
tà psicologica, emotiva e fisica di coloro che non possono o non riescono a difendersi.
I bulli assumono comportamenti persecutori per il desiderio deliberato di
domina-
re il coetaneo e di fargli del male
, sotto l’aspetto sia fisico che psicologico, attraver-
so percosse, angherie, minacce, prepotenze, umiliazioni, richieste di denaro ecc. In li-
nea di massima, i bulli scelgono come vittime individui fragili, isolati, sensibili, facili
al pianto e incapaci di ribellarsi. Di conseguenza, i “perseguitati” vivono un forte sen-
timento di paura e impotenza, che può portarli a una svalutazione della propria iden-
tità, all’emarginazione dal gruppo, nonché a una profonda sofferenza. Non di rado le
vittime decidono di allontanarsi dalla scuola e, in generale, da tutti i luoghi dove po-
trebbero incontrare i loro “carnefici”.
Le diverse manifestazioni
All’interno di questo fenomeno si possono identificare
due tipi
di comportamento
sulla base di modalità dirette o indirette di sopraffazione degli altri.
• I
metodi diretti
rappresentano forme di aggressività e sopruso che si manifestano
attraverso l’umiliazione, le minacce, l’aggressione fisica, il furto di oggetti persona-
li, le molestie sessuali, le vessazioni verbali, la ridicolizzazione della vittima rispetto
alla religione, al sesso, alla razza, all’aspetto.
I protagonisti
della psicologia
Dan Olweus
punto di un
programma di intervento
contro questo fenomeno
, noto come
Olweus Bullying Prevention Program
(OBPP), adottato in vari istituti con risulta-
ti positivi. Nel 2000, una commissione di
esperti valuta 55 differenti programmi di
prevenzione in uso presso le scuole norve-
gesi, e tra tutti questi raccomanda l’OBPP.
Nel frattempo Olweus continua le sue in-
dagini nel campo, e nel 1993 pubblica lo
studio tradotto in italiano con il titolo
Bul-
lismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che
opprimono
. Qui Olweus sottolinea quanto
siapreoccupante ladiffusionedel fenome-
no, e come spesso sia favorito da un atteg-
giamento di condiscendenza da parte di
insegnanti e genitori, i quali, finché non
si verificano veri e propri comportamenti
vandalici, tendono a chiudere gli occhi. È
invece
indispensabile l’intervento deci-
so degli adulti
, sia nei confronti del bullo,
Dal 1962 al 1970 dirige l’Erica Foundation
di Stoccolma, un istituto dove si svolgono
programmi di educazione e sostegno per
bambini e adolescenti in difficoltà, ricer-
che sulla psicologia dello sviluppo e atti-
vità di formazione, seminari e tirocini per
professionisti del campo della psicoterapia
infantile.
Dal 1970 insegnapsicologiae svolgeattività
di ricerca presso l’Università di Bergen, in
Norvegia.
Già a partire da quell’anno, inizia a condur-
re il primo studio scientifico sul
bullismo
nelle scuole, indagando i disagi psichici dei
ragazzi che si rendonoprotagonisti di com-
portamenti aggressivi, i cosiddetti “bulli”, e
quelli delle loro vittime. Da queste ricerche
nasce il saggio tradotto in inglese con titolo
Aggression in the Schools: Bullies andWhip-
pingBoys
, del 1973, nonpubblicato in Italia.
Dagli anni Ottanta, si dedica alla messa a
per ricondurlo al rispetto delle norme, sia
nei confronti della vittima, che deve essere
aiutata a parlare della sua sofferenza.
Le ricerche di Olweus sono oggi oggetto
di riflessione in tutto il mondo occidentale.
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