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La nascita della pedagogia speciale:
Jean-Marie-Gaspard Itard
Assai diversi furono gli interessi e gli obiettivi della riflessione pedagogica di Jean-
Marie-Gaspard Itard (1774-1838). Egli era un medico attivo presso l’Istituto
per sordomuti di Parigi e faceva parte della Società degli osservatori dell’uomo,
composta da scienziati e uomini di cultura come Jauffret, Degérando, Sicard,
Cuvier e Pinel, rappresentanti di spicco del movimento culturale degli
idéolo-
gues
(come ricordato in precedenza, termine con cui si distingue la seconda
generazione degli illuministi francesi).
Alla luce della sua formazione e del contesto culturale nel quale questa si stava
compiendo, Itard studiò l’infanzia e la sua educabilità in modo originale. L’oc-
casione gli fu offerta dal ritrovamento (o meglio, dalla cattura), nel 1800, di un
ragazzo nei boschi dell’Aveyron, nel Sud della Francia, allo stato animalesco.
Completamente privo di educazione, il “selvaggio dell’Aveyron” manifestava
soltanto bisogni fisici e i suoi affetti erano limitati come le sue conoscenze.
Itard era convinto di poter utilizzare il caso per provare a rispondere a una domanda
secolare, da cui Rousseau era partito per scrivere l’
Emilio
: chi è l’
uomo allo stato di
natura
, ovvero prima che la società lo modifichi?
Dato che era completamente privo di parola, Victor, questo era il nome attribuito al
ragazzo selvaggio, venne trasferito all’Istituto per sordomuti di Parigi, una struttura
all’avanguardia per l’epoca, dato che era una delle poche in Europa che si occupasse
dell’educazione e dell’istruzione dei bambini non udenti. Nel corso di poche settima-
ne, però, ci si rese conto che Victor non era in grado di stare al passo con i compagni,
dato che, benché avesse circa undici o dodici anni, gli mancavano le più elementari
competenze relazionali e il suo sviluppo cognitivo era limitatissimo.
Di fronte a quanti, come Philippe Pinel, direttore del manicomio di Parigi, afferma-
vano che Victor fosse un “idiota”, ovvero un soggetto con uno stato di insufficienza
mentale troppo grave per essere educato e ne suggerivano l’internamento in un ospe-
dale psichiatrico, Itard sostenne invece l’educabilità di Victor e riuscì a
farsene assegnare la custodia. Egli era convinto che il ragazzo sel-
vaggio non avesse limiti congeniti, ma che fosse un individuo
affetto da una grave forma di ritardo evolutivo, che lo rende-
va simile, di fatto, all’uomo allo stato di natura. Per moti-
vi ignoti, il selvaggio era stato abbandonato o smarrito dai
suoi genitori in tenera età e per ragioni altrettanto mi-
steriose era riuscito a sopravvivere ad anni di isolamen-
to, che gli avevano permesso di vivere una vita naturale
non sociale. Per educarlo e per permettergli di colma-
re le lacune cognitive e affettive sarebbe stato sufficien-
te applicare con lui i
metodi della pedagogia sensista
e rousseauiana, trattandolo come “un bambino di dieci
o dodici mesi”.
Più concretamente, egli intendeva favorirne l’integrazione
nella società e, allo stesso tempo, studiare nel dettaglio il
risveglio dell’attività psichica e affettiva in un soggetto che
si sperava avrebbe potuto descrivere compiutamente la propria
vita passata e le differenze con quella presente.
Il ritratto di Victor.
Frontespizio del libro
di Jean-Marie-Gaspard Itard
La Memoria sui primi
sviluppi di Victor
dell’Aveyron
(1801).
Jean-Marie-Gaspard Itard.
M4 LIBRO_3B.indb 192
30/12/