509
Testo guida
Lo si nota, per esempio, nella descrizione accurata delle
modalità, dell’ora e del tempo in cui Nastagio entra nella
pineta e, soprattutto, in quella della caccia, che ricorre sol-
tanto in maniera discreta e misurata ai termini propri del
linguaggio dell’
horror
o del
noir
, che pure nella narrazione di
Passavanti, fonte inequivocabile per Boccaccio, occupavano
una gran parte della costruzione stilistica. Qualcosa emerge
soltanto nell’accorata rievocazione del proprio amore e nella
descrizione dello svolgimento della pena fatta dall’anima
dell’uomo. Al contrario, l’incontro fra il «cavalier bruno» e il
nostro giovane protagonista utilizza i modi e le forme pro-
prie delle tenzoni cavalleresche, degli scontri e dei duelli in
cui, per l’onore e la salvezza della dama, i contendenti si
fronteggiano, vantando il proprio diritto.
■
modelli e tradiZione
La «caccia infernale» in Jacopo Passavanti
Il tema
della novella, già trattato da Jacopo Passavanti, gode di una
certa fortuna all’interno della tradizione della predica religio-
sa, che utilizza il tema della caccia infernale per dimostrare
con quale forza Dio punisca i peccati carnali. Ma la narra-
zione del
Decameron
opera alcuni precisi cambiamenti, che
finiscono con il comunicare una concezione decisamente
laica dell’amore, sottratto, cioè, a ogni condanna di natura
religiosa. Innanzi tutto Boccaccio cambia la finalità stessa
della narrazione, che non serve più ad allontanare dal pec-
cato bensì, al contrario, a invitare le donne a corrispondere
all’amore: il vero peccato consiste, per l’autore, nel rifiutarsi
a chi ama. Siamo all’interno di un’idea cortese dell’amore,
che ne sottolinea la nobiltà e il valore al di là, e forse al di
sopra, della componente religiosa e moraleggiante. Anche
per questo protagonista della novella non è più un rozzo
e incolto carbonaio, che necessita della mediazione di un
nobile (il conte di Niversa) per comprendere il significato
della visione: Nastagio capisce il valore di ciò che vede,
lo applica a sé e alla propria situazione. E siccome questo
processo deve essere valido anche per gli altri, Boccaccio
aggiunge una sequenza che in Passavanti manca comple-
tamente: il conte di Niversa non conduce con sé la propria
corte e, seppure ha comunicato a essa ciò che ha visto, noi
non lo sappiamo, né lo vediamo nel racconto. Al contrario,
nel
Decameron
questa parte costituisce una fase specifica
della narrazione, l’unica in grado di assicurare il lieto fine
della vicenda.
Un illustratore d’eccezione: Sandro Botticelli
Particolarmente fortunata è la tradizione della novella di
Nastagio degli Onesti, non solo all’interno della letteratura
cinquecentesca, che ne sviluppa gli aspetti macabri, ma so-
prattutto nelle riprese da parte degli artisti e dei pittori quat-
trocenteschi e rinascimentali. Ne sono un esempio le quat-
tro tavole che Alessandro Filipepi, detto Sandro Botticelli,
compone a cavallo fra il
xv
e il
xvi
secolo, ora conservate al
Museo del Prado di Madrid. Dei passaggi salienti della no-
vella, il pittore decide di rappresentare due momenti della
caccia infernale, quello in cui Nastagio fronteggia con uno
«stocco» in mano lo spettro del «cavalier bruno» e quello in
cui si compie la pena assegnata alle due anime, con l’uomo
che estrae dal corpo atterrato e ormai esanime della donna
le viscere e le interiora. Le altre due tavole celebrano, al
contrario, il lieto fine della narrazione, contrapponendo al
pranzo nella pineta di Classe – in cui la scena del martirio
della donna a opera del cavaliere si ripete di fronte alla gio-
vane Traversari – la sequenza del banchetto matrimoniale,
nel tripudio di parenti e amici convenuti alle nozze.
Boccaccio, la sua Musa e gli Eremiti
. Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana.
10 V1C8 Boccaccio 468-634.indd 509
08/11/