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3. La personalità letteraria di Boccaccio
(
Tristan
,
Lancelot
,
Cligès
,
Perceval
), fonti inesauribili di avventure e intrecci erotici; la lunga
tradizione uscita dal
Roman de Troie
(1160) di Benoît de Sainte-Maure, riadattato e tra-
dotto anche in italiano; il
Roman d’Enéas
(1160 ca.), che contamina fonti greche e latine
e conduce il protagonista, Enea, dalle rive del Bosforo al Lazio preromano; e il romanzo
ellenistico d’amore, che tuttavia Boccaccio legge solo in traduzione o per riassunti, data
la sua limitata conoscenza del greco.
La formazione di Boccaccio, in grado di coniugare disinvoltamente elementi colti ed
elementi popolareschi, è il vero, grande tratto di distinzione rispetto a Dante e Petrarca.
Gli interessi e i bisogni culturali di Boccaccio si allargano ben oltre la cerchia dei dotti,
e non è un caso che temi e forme della sua produzione giovanile tendano a confondersi
con quelli dei principali filoni della letteratura popolareggiante contemporanea (per
esempio, i cantari in ottave). Segno anche questo che Boccaccio va cercando – e in qualche
modo creando – un pubblico nuovo, molto diverso da quello tradizionale.
Nei confronti di Dante e Petrarca, Boccaccio, invece di imbarcarsi in impossibili rivalità,
manifesta illimitata venerazione per il primo ed enorme ammirazione nei confronti
del secondo, e cerca di apprendere da entrambi. Siccome i suoi interessi letterari sono
distanti sia dal poema didascalico-allegorico visionario e universale di Dante sia dalla
lirica d’amore di Petrarca, trasforma quella che avrebbe potuto restare una semplice
imitazione in preziosi spunti di riflessione, rivelandosi più attento alla sostanza delle
cose che alle loro forme.
In Petrarca ammira soprattutto la personalità del grande anticipatore umanistico – lo
chiama più volte
preceptor
(“maestro”), perfino quando nel 1353 lo rampogna duramente
in una lettera per aver accettato di recarsi aMilano ospite dei Visconti, fieri nemici di Firen-
ze. Dopo la sua morte, gli dedica un
commosso sonetto (
Or sei salito, caro
signor mio
) e si preoccupa del destino
della sua biblioteca e della sua
Africa
,
che ritiene «opera divina». Lo incon-
tra più volte (nel 1350 a Firenze, nel
1351 a Padova, nel 1359 aMilano, nel
1363 a Venezia e nel 1368 di nuovo
a Padova), e Petrarca lo corrispon-
de con grande affetto, scrivendogli
molte lettere, in una delle quali lo
ammonisce con parole commosse a
non abbandonaremai l’esercizio delle
lettere, nonostante l’avvicinarsi della
morte per entrambi (
Seniles
, XVII, 2).
E sebbene il suo giudizio non possa
essere entusiastico davanti a un’opera
di grande impegno in volgare come
il
Decameron
, tuttavia ne traduce in
latino l’ultima novella, quella di Gri-
selda, forse per dimostrare quale deb-
ba essere il livello linguistico consono
a raccontare degnamente una storia
così commovente.
la fusione tra
letteratura dotta e
tradizione popolare
il rapporto
con Petrarca…
Boccaccio e Petrarca in
conversazione
, disegno
dalla
Griselda
di Petrarca.
Firenze, Biblioteca
Riccardiana.
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