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Il tenue dettaglio geografico non comporta che lo scenario dell’ode sia da porre in riva al mare: l’immagine del mare in tempesta con-
nota la situazione lirica del freddo invernale e prepara il rimedio del vino, che subentra nel seguito di quello stesso verso.
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o sia l’ultimo questo, che contro gli scogli strema il mare
Tirreno.
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Sii saggia, filtra il vino e accorcia la speranza,
poiché la vita è breve. Mentre parliamo, sarà fuggito
avido il tempo: cogli l’attimo, senza fidarti del domani.
Carpe diem, Sapias
Carpe diem
Nello studio
Semantica del
carpe diem
(in
Poe-
ti latini (e neolatini). Note e saggi filologici
, Pàtron, Bologna
1980, pp. 227-251), Alfonso Traina ha messo in luce i trat-
ti distintivi del verbo
carpo
, che ha il significato traumatico di
«lacero», «prendo a spizzico», e solo per traslato arriva ad as-
sumere quello di «colgo» (fiori o frutta) o di «godo». Il senso
proprio dell’espressione è dunque
«stacca una giornata (dal
tempo)»
, cioè «cogli l’attimo perché il tempo avido fugge».
Per questa ragione non appaiono probabili, anche se talora
felicemente reinventate, traduzioni del
carpe diem
come «go-
di il presente» (Cetrangolo), «ridi al giorno» (Fortini), «affer-
ra l’oggi» (Canali) e simili, che danno l’idea di un invito alla
gioia più che suggerire un’
etica della rinuncia
.
• Sapias
È il congiuntivo con valore esortativo di
sapio
, «ho sa-
pore», quindi per traslato «sono saggio». E
sapiens
è sia co-
lui che è fornito di conoscenze vaste e profonde (cioè, in ita-
liano, «il sapiente»), sia colui che in ogni occasione sa mani-
festare
prudenza e saggezza
(cioè, in italiano, «il saggio»).
Naturalmente Orazio si riferisce a questa seconda accezio-
ne: l’epicureismo privilegiava le qualità morali – in particola-
re equilibrio e moderazione – rispetto alle doti intellettuali.
PAROLE CHIAVE
Il tema
Quello del
carpe diem
è uno dei motivi più cari
al poeta e possiede una densità che non può essere inte-
sa avulsa dal contesto, intessuto di
divieti e proibizio-
ni
(
ne quaesieris
,
v. 1;
nec… temptaris
, vv. 2-3;
spem…
reseces
, v. 7) che inequivocabilmente lo circoscrivono nel
senso della rinuncia.
La formula
carpe diem
è dunque da intendere come una
raccomandazione a «staccare una giornata», cioè a strap-
pare la breve durata dell’oggi dall’insieme del tempo. Nel-
la morale oraziana – come in quella epicurea – la ricerca
del piacere coesiste sempre con la
forza ascetica della
rinuncia
: rinuncia a progetti per il domani, a vani ten-
tativi di conoscere il futuro, a speranze illusorie.
L’idea di fondo si ricollega alla
concezione epicurea del
piacere stabile
, che non è mai proteso alla ricerca del
godimento, ma ripiega sull’assenza di dolore, in un’eti-
ca che Orazio vive all’insegna della
autárkeia
(«autosuf-
ficienza interiore») e della
mediocritas
(«giusto mezzo»).
Attraverso lo slancio di vitalità che consente di godere
l’ora presente, l’uomo accantona per un attimo l’ango-
scia del tempo e il timore della morte.
Il contesto
La lirica sembra prendere spunto da un’
oc-
casione conviviale
, inserita in una cornice letteraria a
imitazione del simposio dei greci.
Accanto al poeta, la protagonista del testo è
una ragaz-
za
, delineata sul modello delle etère o cortigiane che al-
lietavano i simposi greci. È difficile individuarne l’iden-
tità: c’è anche chi, sulla base dell’invito a «filtrare il vi-
no», ha visto in lei un’ancella. Ma la questione è poco ri-
levante: la suggestione dell’indefinito (il nome
Leuconoe
ha l’aria di essere fittizio) accresce il fascino di una tra
le molte donne presenti nella lirica oraziana, che sem-
bra innamorata o almeno affettivamente legata al poeta.
Lo stile
L’ode deve il suo fascino a due elementi fonda-
mentali: la forte
coesione stilistica
e l’efficacissimo
rit-
mo fono-prosodico
(cioè stabilito dai suoni e dalla me-
trica). La naturalezza del testo è frutto di un’arte matura,
che mira alla densità spezzando il discorso in brevi seg-
menti sintattici, senza spreco di retorica, anzi in un flui-
do
tono colloquiale
accentuato da espressioni parallele
(
quem mihi, quem tibi
, v. 1;
seu pluris… seu… ultimam
,
v. 4) e dalla frequenza degli
enjambement
.
La
disarticolazione sintattica
è condizionata e valorizza-
ta dal
coriambo centrale
, che determina l’assetto ritmico
dell’asclepiadeo maggiore isolando proprio nel cuore di
ciascun verso espressioni chiave come
scire nefas
del v. 1
(che richiama la lucreziana empietà della superstizione),
il nome significativo di
Leucónoe
nel v. 2 ecc.
Analizziamo
il testo
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